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“Se sono francesi, devono essere nemici”, diceva Lord Raglan. Comprensibile: aveva combattuto contro di loro nelle guerre napoleoniche, sino a Waterloo. Quella convinzione gli era rimasta dentro quando, nominato comandante delle forze britanniche in Crimea, si ritrovò i francesi al fianco, da alleati.

Una nuova connessione tra chi dà vita al Le Crunch ha preso corpo su altri campi da battaglia: gli inglesi stanno lasciando la “terra della speranza e della gloria” per emigrare di là del Canale, un viaggetto rapido da quando è stato inaugurato il tunnel sottomarino: poco più di due ore tra la stazione londinese di St Pancras e la Gare du nord, luogo ben noto a chi ama le inchieste del commissario Maigret.

Nel 2012 la Rfu ha scritto il suo ukaze: chi non gioca in patria, non può indossare la maglia della nazionale, un monito che al tempo del dilettantismo avrebbe scoraggiato qualsiasi giocatore. Ma il mondo è cambiato e se c’è chi ha deciso di modulare il suo canto del cigno nel Top 14 o nella lega immediatamente sotto quella di vertice, c’è anche chi, come Henry Arundell, ha fatto questa scelta in giovanissima età (al Racing 92 che è anche la destinazione di Owen Farrell) contando su un paio di fattori: la regola potrebbe cambiare o ci sarebbe ancora il tempo, con un ritorno a casa, per far parte del gruppo in marcia verso la Coppa del Mondo 2027.

Owen Farrell contro il Sudafrica, alla scorsa Coppa del Mondo (Photo by Julian Finney – World Rugby/World Rugby via Getty Images)

Con le ultime partenze (Kyle Sinckler e Lewis Ludlam entrambi a render ancora più robusta a forza d’urto del Tolone) sono nove gli emigrati che, al Mondiale, facevano parte della squadra della Rosa, partita con poche speranze e capace di andare sul podio dopo aver rischiato di atterrare in finale. Se Billy Vunipola finirà per accordarsi con il Montpellier si arriverà alla doppia cifra, con buone chances che l’isola sia abbandonata anche da Mako.

Perché è in atto l’esodo? La Francia garantisce un campionato di alto livello, stipendi ricchi, tasse meno gravose di quelle pagate in Gran Bretagna, contratti che comprendono anche la sistemazione logistica, benefit per chi ha moglie e prole. La struttura della FFR è solida, gli introiti da diritti televisivi “maestosi”, la passione che aleggia è forte come un rosso nobile.

Per chi ha attraversato o odorato da lontano i fallimenti di London Irish, Wasps e Worcester, la Francia appare come un’oasi, un’isola felice. Per di più, molta concorrenza si è fatta da parte: i sudafricani e soprattutto i neozelandesi ormai gravitano sul campionato giapponese, ricco, non particolarmente duro.

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