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Steve Borthwick sta mutando il gioco della muscolare Inghilterra, Andy Farrell sta mantenendo la struttura solida, e multiforme nelle opzioni, di quello dell’Irlanda, Warren Gatland fa quel che può, Gregor Townsend è alle prese con una squadra lunatica e ondivaga, Fabien Galthié è passato dal naufragio alla salvezza in fondo alla più bella partita del torneo, Le Crunch.

Ma a batterli tutti è Gonzalo Quesada che ha preso una squadra uscita avvilita dalla Coppa del Mondo e l’ha trasformata in un meccanismo temibile, organizzato, giovane e avviato alla maturità, dotato di eccellenti ricambi e di giovani dell’U20 che possono essere inseriti nell’esotico tour estivo, a Samoa, Tonga, Giappone. Se alcuni hanno fatto passi avanti, Quesada ne ha fatti da gigante in poco tempo. Speedy Gonzalo.

Lorenzo Pani in meta Cardiff  (foto Warren Little/Getty Images)

L’Italia ha segnato poco, nove mete, ma tutti gli itinerari che hanno portato al di là della linea sono stati segnati da un rugby di corsa. Spesso si finisce per privilegiare i ricordi più freschi e così la serpentina di Lorenzo Pani (qualche bello spirito ha detto: i gallesi hanno trovato Pani per i loro denti…) è ancora molto vivida, molto eccitante. “Una cosetta che avevamo provato in allenamento”, ha sorriso Quesada che pare abbia molto altro nel cilindro. L’età delle maul avanzanti, dei drive appartiene al passato. Ora, poche azioni ma tutte a largo respiro per un repertorio che piace alla gente, sia ai vecchi suiveurs che a quelli che si sono avvicinati da poco a questo gioco appassionante che proprio nel vecchio torneo offre i suoi momenti più alti e coinvolgenti: sufficiente tornare all’ultimo capitolo, Francia-Inghilterra è finita e ricominciata almeno tre volte.

A parte le raffiche irlandesi dei primi tre turni, i margini stretti sono stati una costante: due terzi delle partite sono finite con differenze tra i nove e il punto. E il fatto che abbia vinto l’lrlanda che ha battuto la Scozia che ha battuto l’Inghilterra, sconfitta dalla confusa Francia che ha rischiato di cedere all’Italia dà l’idea di quanto il vecchio torneo sia una riserva di emozioni, un’Arca che può nascondere (quasi) ogni tipo di scioglimento.

Uomini simbolo: Nacho Brex da Buenos Aires; Ben Earl da Redhill, Surrey; Jamison Gibson-Park che arriva dall’Isola della Grande Barriera, 100 km a nord est di Auckland; Duhan Van der Merwe, sudafricano in blu e cardo, soprattutto per quel che ha combinato nella Calcutta; Thomas Ramos, occitano di Mazamet, dal piede che non tradisce; Tomos Williams, della contea di Rhondda, l’unico a possedere ancora la vecchia vèrve gallese.

Nacho Brex e Michele Lamaro  (©INPHO/Ben Brady

Il gran premio del rammarico è assegnato al palo di Paolo Garbisi (dalla mira così precisa che gli ha permesso di concedere un bis contro la Scozia) e al torneo degli uomini di Townsend: se Nik Berry avesse concesso quella meta (che c’era) contro la Francia, come sarebbe andata a finire a Roma? E soprattutto come sarebbe andata a finire a Dublino? I ”se” sono una spezia che pizzica la bocca ed eccita la mente: se Napoleone avesse vinto a Waterloo?

Avvertenze per quel che capiterà nel 2025: l’Italia parte ad Edimburgo e a seguire ha due partite all’Olimpico, con Galles e Francia. Sarà bene non perdere tempo e prenotare i biglietti.

La foto di apertura è Julien Poupart (via FFR)

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