A seconda degli sviluppi che avrà, potrebbe essere solo una bella notizia o aprire una nuova, ragionevole prospettiva.
Per cominciare, il fatto in quanto tale: nessuna squalifica per Tadhg Beirne dopo il cartellino giallo, tramutato in rosso, in seguito a un contatto inevitabile con l’All Black Beauden Barrett nei primi minuti di Irlanda-Nuova Zelanda, giocata sabato a Chicago. Ancora meglio, il cartellino rosso è stato proprio cancellato.
Indubbiamente, appunto, una notizia bella. Sul sito di Allrugby, nel commentare il match Valerio Vecchiarelli aveva sottolineato «la continua insicurezza di Pierre Brousset nel prendere decisioni chiare», i “5 minuti davanti allo schermo per decifrare l’accaduto» dopo che il Tmo inglese Ian Tempest aveva richiamato l’arbitro francese al video, osservando inoltre che «le immagini non chiariscono il fattaccio, anche perché Beirne è a un palmo dall’azione appena avviata da una mischia chiusa e non potrebbe smaterializzarsi».
Tutto vero. Eppure, una volta punito il giocatore con un discutibilissimo cartellino giallo, dal cosiddetto bunker – “retto” nell’occasione dal gallese, ora affiliato alla RFU, Dan Jones – è arrivata addirittura la pena più severa: espulsione definitiva e squadra che deve rimanere in 14 per un totale di 20 minuti. Si dirà che l’Irlanda in quei 20 minuti ha retto bene, ma sicuramente, oltre che per la repentina rinuncia a Beirne, i Verdi sono stati penalizzati a causa di tutte le energie che hanno dovuto spendere per neutralizzare la superiorità numerica degli avversari, e che potevano tornare utili più avanti.
C’è poi una cosa da sottolineare. Dopo che l’arbitro, al minuto 2’43”, ha fischiato l’arresto del gioco, il Tmo gli ha “inviato” 14 volte il replay dell’azione da giudicare. Le prime 10 sul maxischermo dello stadio, le altre quattro sul piccolo video a bordo campo (forse al riparo dei riflessi del sole). Ma 14 volte su 14 le immagini non sono mai state proiettate a velocità reale, e al rallentatore poteva pure sembrare che il povero Tadhg avesse l’opportunità – in realtà inesistente – di allargare le braccia e provare a placcare il n. 10 neozelandese, che in pratica gli stava arrivando addosso.
Scelta ottusa, quella di non utilizzare mai l’altra modalità di rivedere quello che era successo. E alla luce della ulteriore decisione, sbagliata, di tramutare il giallo in rosso c’è da supporre che anche l’uomo del bunker abbia fatto ricorso solo al ralenti.
Ed ecco la nuova possibile prospettiva. Mettiamo che l’Independent Disciplinary Committee chiamato ieri a riesaminare la questione, e a decidere sul grado di colpevolezza di Beirne, abbia potuto (o voluto) vedere le stesse immagini a velocità reale, e che proprio quella visione abbia convinto i componenti della commissione a giudicare innocente il n. 5 irlandese. La vicenda finirà per riguardare solo questo caso specifico, oppure varrebbe la pena di trarne qualche insegnamento?
Sulle interpretazioni di arbitro, Tmo e bunker non c’è qualcosa da rivedere? La velocità naturale non si può affiancare più frequentemente a quella frenata dal rallentatore? Noi diciamo di sì.
Nella foto del titolo Tadhg Beirne riceve la notifica che il bunker ha elevato il cartellino da giallo a rosso al Soldier Field di Chicago, contro gli Al Blacks. (©INPHO/Dan Sheridan)
