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Servono solo 8’ a Harry Pollock per marchiare a fuoco con una meta l’esordio a Twickenham nella sua annata di sogno: a 20 anni il biondo platinato segna a Cardiff nella sua prima volta con la Rosa, partecipa alla spedizione dei Lions e ora lascia il suo segno nella Fortezza dopo un ennesimo duello aereo vinto dagli inglesi. Harry aggancia il pallone, corre come corre lui – un centro più che un flanker… – subisce la francesina di Kellaway e scivola oltre la linea celebrando con quel sorriso che può avere qualche vena di arroganza. È forte e lo sa.

È la festa di Harry e la festa dell’Inghilterra che con l’Australia salda il conto di un anno fa quando un irresistibile allungo di Jorgensen ribaltò il punteggio e mette in vetrina quel che è, una squadra capace di esprimere un’intensità che prende alla gola. Gli australiani, perlomeno nel punteggio, tengono nel primo tempo, provano, con un gioco di passaggi stretti, a trovare qualche soluzione ma finiscono per andare incontro a una mezz’ora difficile. I drive della Rosa non concedono pietà.

Steve Borthwick ricomincia da Freddie Steward estremo e dall’ortodosso e ordinato George Ford all’apertura non concedendo chance a Marcus Smith. Joe Schmidt deve fare a meno di Skelton, Ikitau, O’Connor e Hooper non messi a disposizione dai loro club. Lo saranno a Udine, contro gli azzurri.

Twickenham concede un lungo e commovente boato al portatore di palla: è Lewis Moody, il guerriero biondo colpito dalla Sla. L’Inghilterra sottopone a sei minuti di dura pressione gli australiani che riescono a uscire indenni dall’assedio e dalla lunga serie di cariche. A seguire, ricerca di spazi, prima con Freeman (Earl perde palla in avanti) e con poi con lo slalom di Feyi-Waboso, contenuto in qualche modo.

Necessari venti minuti per i primi punti: vengono dal piede di Ford che centra una punizione concessa da Amashukeli per una palla sigillata a terra da Edmed. Ma dopo così lunga attesa basta una sessantina di secondi perché gli inglesi trovino la strada giusta: stranamente Suaalii perde un duello aereo con Roebuck; palla a Underhill che, con una difesa che lascia ampi varchi, la offre a Earl. Meta in mezzo ai pali, 10-0 e bianchi che vanno ad occupare il territorio, a eroderlo, a sottoporre gli aussies a una dura pressione, una lunga parentesi in cui i Wallabies possono far affidamento soltanto su Valetini, Tupou e McReight.

Ford serve Earl e sembra fatta per la doppietta: Harry Potter lo tiene alto. Gli inglesi continuano ad avanzare ed è da un’irruzione di Steward che il “maghetto” Potter impugna la sua bacchetta: intercetta un passaggio di Dingwall e corre per novanta metri. Sino in fondo. Dal 17-0 al 10-7 il tempo è stato breve.

Gli aussies provano a costruire, usando uomini pesanti: la combinazione, con buon avanzamento, tra Alaalatoa, Valetini e Pollard rimarrà il momento più rilevante di una ripresa che diventerà irta come un porcospino. All’11’ Borthwick cambia un terzo di squadra liberando un branco di Lions: Pollock, Curry, Cowan-Dickie, Stuart, Genge. Erasmus ha fatto scuola.

La meta di Pollock introduce un finale dominato da drive avanzanti che portano prima Mitchell poi Cowan-Dickie oltre la linea.

I tifosi australiani si possono consolare con il successo dei Kangaroos sull’Inghilterra, 14-4, nel secondo incontro delle Ashes di Rugby League che si è svolto in concomitanza con il match di Twckenham. nello stadio dell’Everton, l’Hill Dickinson Stadium, a Liverpool. I Kangaroos avevano vinto anche il primo incontro e si sono aggiudicati la serie, 2-0.

Inghilterra vs Australia 25-7 (primo tempo 10-7)

Inghilterra: mete Earl (21′), Pollock (59′), Mitchell (72′), Cowan-Dickie (75′); tr: Ford (22′); cp: Ford (20′)

Australia: meta Potter (34′); tr: Edmed (35′)

Nella foto del titolo la meta di Pollock (foto England Rugby)

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