vai al contenuto principale

Tre o quattro considerazioni alla luce dei risultati delle franchigie nel week end.

La prima è che il Benetton continua a pagare il doppio impegno dei suoi giocatori, tra club e nazionale.

Reduci dalla vittoria contro La Rochelle, undici protagonisti di quella partita sono rimasti in raduno con Gonzalo Quesada. Quattro, Izekor, Gallagher, Zilocchi e Favretto sono andati a rinforzare un gruppo che comprendeva sette Pumas, un All Black, due sudafricani, un internazionale tongano e due azzurri di lungo corso come Marco Zanon e Toa Halafihi. Non è bastato: come l’anno scorso a Dublino, contro il Leinster, gli United Colours of Benetton, quando è il momento di rimpiazzare gli assenti, non si combinano a dovere.

Owen Williams degli Ospreys, placcato da Thomas Gallo (©INPHO/Mike Jones)

È il motivo per cui a Treviso auspicano che, prima o poi, le Zebre possano riequilibrare il numero dei giocatori convocati dall’Italia: oggi il rapporto è di 15 a 7, compresi gli invitati.

Altri dieci giocano all’estero, e qui si apre un altro capitolo, sul quale Quesada è stato chiaro: “su quei giocatori non abbiamo giurisdizione, dobbiamo rimandarli ai loro club a una settimana dall’inizio del Sei Nazioni e sperare anche che non si facciano male. Allo stato attuale è una situazione inevitabile che non ci aiuta a lavorare come vorremmo”,

Per questo il CT della nazionale ha detto, testuali parole, che bisogna diradare la nebbia che aleggia sulle Zebre. “Perché così nessuno può programmare”.

Venerdì 7 febbraio, il consiglio della Fir  valuterà l’ (unica) offerta pervenuta in risposta al bando di cessione della franchigia federale e deciderà che fare.  La sensazione è che non si potrà far altro che prendere atto del fatto che, alle condizioni richieste (5 milioni per sei anni),  non ci sono investitori disposti a intervenire. La rinuncia di Padova, quando tutto sembrava fatto per il trasferimento delle Zebre nella città del Santo, ha deragliato un progetto che stava a cuore non solo alla Federazione, ma anche a Treviso. Dove speravano in una nuova realtà in grado di assumersi una parte del peso che oggigiorno grava tutto sulle spalle Benetton.

Jack Cooney, avrebbe senz’altro voluto celebrare in altro modo le sue 150 partite con la maglia dell’Ulster (foto Ulster Rugby)

Intanto a Belfast, battendo l’Ulster, le Zebre hanno fatto il loro: hanno dimostrato che anche senza il capitano Fischetti, senza Simone Gesi (sostituito peraltro dal fratello Alessandro), senza Di Bartolomeo, Trulla, Rizzoli e Zambonin (quest’ultimo infortunato), il livello di impegno non cala. E, anzi, si può andare a conquistare in Irlanda un successo che fuori dall’Italia, al club, mancava da 5 anni. È un messaggio doppio: le Zebre credono all’ipotesi di diventare la famosa franchigia di sviluppo, perché gli esordienti (a Belfast, Alessandro Gesi, Franceschetto e Brisighella) tutto sommato sembrano riuscire a calarsi nella parte meglio di quanto abbiano fatto a Swansea, in un gruppo imbottito di internazionali, Giulio Marini, Federico Zanandrea, i due Avaca e Simon Koroiyadi. A Parma si lotta ogni giorno per il proprio domani, a Treviso le aspettative sono molto alte (ormai anche quelle degli avversari che si preparano ad affrontare una squadra di conclamato valore …) e paradossalmente gli equilibri sono più delicati: come si spiega, se non con la mancanza di obiettivi comuni, che giocatori come Gallo, Albornoz, Fekitoa, Creevy e Rhyno Smith, per citare solo i nomi più famosi in campo a Swansea, affondino di fronte a una squadra che prima dell’ultimo week end aveva vinto solo tre partite?

Gonzalo Quesada qui con MIchele Lamaroa alla presentazione del Sei Nazioni, la scorsa settimana a Roma (©INPHO/Billy Stickland)

Quesada ha detto di immaginare una riorganizzazione del movimento ovale italiano, per la quale ha ribadito più volte di voler lavorare in prima persona: nazionale, Benetton come immediata anticamera alla maglia azzurra e Zebre come anello di collegamento tra il livello più alto, la Serie A Elite e l’U20 (che ha invitato la scorsa settimana a unirsi al raduno della nazionale maggiore a Roma). “E’ un progetto che mi piace – ha sottolineato -, ed è sicuramente meglio della nebbia attuale, che porterà altri giocatori all’estero, con i problemi che conosciamo”.

L’operazione tuttavia non è affatto semplice: richiede una regia sapiente, per amministrare in modo giudizioso le risorse – limitate dal bilancio, ereditato in pesante passivo – che la Fir può mettere a disposizione. Inoltre il progetto deve trovare il modo di coinvolgere più soggetti, compresi i club d’Élite (e non solo quelli)  che, per parte loro, dovranno accettare il ripristino di un sistema che presto tornerà a inserire i giovani migliori nei circuiti accademici federali, togliendoli al controllo delle società. Gli equilibri sono delicati, compresi quelli con l’altra franchigia e gli eventuali giocatori in uscita da Treviso.

“O muse, o alto ingegno, or m’aiutate; o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate”.

Torna su