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Mancano quattro mesi al calcio d’inizio del prossimo Sei Nazioni e il torneo rischia di debuttare senza sponsor. Dopo 14 anni infatti RBS non ha rinnovato l’accordo con il torneo il cui chief executive John Feehan da mesi è alla ricerca di un nuovo marchio ufficiale. L’obiettivo è una sponsorizzazione da 100 milioni di £ (115 milioni di €) per un contratto di sei anni. RBS ne pagava 11 a stagione.

Sul fronte televisivo invece DMAX ha rinnovato alla metà dei soldi offerti un anno fa. Discovery ha chiuso per sei milioni di euro per il quadriennio 2018-2021, l’anno scorso per lo stesso periodo ne aveva offerti 12, offerta rifiutata dalla Six Nations LTD (erano stati 10 per il quadriennio 2014-2017) che quest’anno ha dovuto fare marcia indietro e prendere…o lasciare.

Facciamo due conti: quattro milioni di diritti Tv in meno all’anno, per quattro anni, divisi per le sei squadre, fanno circa 150 mila € di entrate in meno a stagione ciascuno. La previsione sui 115 milioni di € del “title sponsor” (per sei anni) invece era di circa 3 milioni per squadra all’anno. Al momento sul tavolo resta solo un’offerta di circa 68 milioni, la cui proiezione è poco più di un milione e mezzo per nazione. Stando così le cose ciascuna federazione il prossimo anno dovrebbe ricevere dal torneo un contributo inferiore di quasi due milioni rispetto alla migliore previsione.

Nell’emisfero sud non se la passano meglio. La Nuova Zelanda ha annunciato una perdita di 3 milioni di €, il Sudafrica 2.

Che fare?

La Francia sta facendo campagna elettorale per aggiudicarsi il Mondiale 2023, le altre due contendenti sono l’Irlanda e il Sudafrica. Nei giorni scorsi Bernard Laporte ha incontrato Alfredo Gavazzi e gli ha fatto una serie di proposte tecniche e commerciali (una partita annuale tra Italia e Francia in Oriente, scambio di tecnici e altro) per guadagnare i tre voti dell’Italia.

Gavazzi ha ascoltato ma non si è sbilanciato: al Sei Nazioni il presidente della Fir ha spiegato che la situazione così è imbarazzante, l’Italia è partner tradizionale della Francia, ma lo è anche dell’Irlanda nel PRO14 e se le europee si dividono il rischio è che il Mondiale vada in Sudafrica.

Claude Atcher il direttore della candidatura francese, già consulente Fir nel 2010, ha provato a rilanciare facendo presente che importanti marchi commerciali francesi sarebbero interessati a investire sul rugby italiano se il mondiale dove disputarsi in Francia. Dalla loro i francesi hanno i risultati dell’edizione 2007 e promettono cifre importanti: 170 milioni di € come prezzo di entrata per assicurarsi il torneo (invece dei 130 richiesti) e 236 milioni per coprire i costi organizzativi, in più sono disposti  a spendere 112 milioni per comprare da World Rugby i diritti di ospitality e marketing e prevedono di incassare dalla vendita dei biglietti (2,5 milioni quelli a disposizione) oltre 370 milioni di €  (circa cento in più rispetto al 2015 in Inghilterra).

Per gli irlandesi invece è un’occasione storica per lanciare l’intera isola grazie a una grande manifestazione internazionale. E l’approccio è opposto: promettono di ridurre i prezzi rispetto al 2015 per almeno un terzo dei biglietti messi sul mercato (2,2 in totale). O’Driscoll annuncia “100 mila welcomes”. Insomma una bella battaglia. Il 15 novembre ci sarà la votazione finale.

Nella foto di Max Pratelli /Fotosportit, un momento di Italia v Irlanda dello scorso Sei Nazioni, con Michele Campagnaro in azione.

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