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“Twickenham è la nostra mucca da latte”, ha detto Bill Sweeney, al vertice dell’esecutivo della Rfu. Lo dicono le cifre: l’85% dei proventi della Union viene dalla Fortezza del Sudovest londinese.

Un gigantesco piano di rilancio e di miglioramento della struttura e di tutto quello che sta attorno – a livello di trasporti, di servizi etc –  è in atto, all’insegna di cifre dalla consistenza colossale: 663 milioni di sterline per avere Twickenham rinnovato (e magari anche più gradevole all’esterno…) entro il 2031. Più bello e più grande che prima avrebbe detto Ettore Petrolini.

Nessuno nega che il piano esista. E’ sulla possibile alternativa quando i lavori avranno inizio che la Rfu si chiude a riccio non ammettendo, come ha rivelato il Guardian, che un obiettivo può essere l’acquisto del 50% di Wembley che, nel nuovo formato, qualche esperienza rugbistica l’ha vissuta quando il Millennium di Cardiff doveva ancora essere ultimato per la Coppa del Mondo del ’99, poi per un Barbarians-Australia e nel 2015 per alcuni match, tra cui uno strepitoso All Blacks-Argentina con pubblico record vicino ai 90.000. Comprare o andare in affitto? Anche su quest’aspetto la Rfu preferisce tacere.

Sulla metamorfosi di Twickenham e di tutto quello che circonda lo stadio, qualche ammissione viene concessa: interventi sul tetto (copertura totale? non si sa) e sulle strutture interne, ritenute ormai datate, sulle aree per l’ospitalità (che portano montagne di quattrini) e su tutto quel che può cadere sotto l’etichetta di servizi: parcheggi, viabilità ma soprattutto trasporti.

Chi ha una certa dimestichezza con Twickenham sa che per raggiungere o lasciare la Fortezza sono possibili due vie: a Richmond con la metropolitana e da lì in bus, che partono vicino alla stazione, lasciandosi sulla destra il delizioso stadiolo del Richmond; o partendo con il treno (Special Rugby, in giorno di partita) da Londra Waterloo, per scendere nella stazioncina di Twickenham e procedere a piedi per circa un miglio.

Il problema non è tanto nel prima, quanto nel dopo, quando turbe paragonabili a quelle disegnate da Gustavo Dorè per la Divina Commedia si riversano nella stazioncina, alcuni malfermi per via delle pinte scolate che si sono lasciati alle spalle e il caos è descrivibile solo da chi ha praticato l’esperienza. Quei treni sono affollati come quelli che portano i fedeli a Benares, oggi Varanasi. Unica differenza, nessuno è autorizzato a salire sul tetto del convoglio, come capitava nell’India britannica.

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