vai al contenuto principale

Nel febbraio 1917 Dave Gallaher lascia la Nuova Zelanda: non la rivedrà più. E’ a bordo della Aparima che fa rotta per la Gran Bretagna, portando rinforzi kiwi per il Fronte Occidentale. Dave fa parte del 2° Battaglione di Auckland e tanti dei compagni che sul ponte sventolano gli ultimi saluti mentre la riva si allontana lo guardano con curiosità, con sorpresa: rispetto alla maggior parte di loro è un vecchio e, a 43 anni, della maggior parte di loro potrebbe essere padre. Per tutti è il Capitano, anche se sulla manica ha i galloni da sergente maggiore.

E’ la terza volta che Dave vede le cime allentarsi e le eliche formare vortici. Il 31 Gennaio 1901, reduce da una cena che il Ponsonby ha organizzato in suo onore, si imbarca per il Sudafrica, arruolato – dopo essersi dichiarato più giovane di tre anni – nei Fucilieri a cavallo. Dopo lo sbarco a East London, i neozelandesi si dirigono verso l’altopiano e a Pretoria, appena conquistata dal corpo di spedizione di Lord Roberts (il piccolo Bobs per la truppa), salgono finalmente in sella: destinazione, il veld; scopo, una lunga serie di ricognizioni.

Dopo rovesci clamorosi (il nome Colenso rimane infisso negli annali britannici dei disastri), la guerra contro i boeri sta prendendo una piega favorevole ma sul terreno della guerriglia i coloni di radice olandese, francese e tedesca, tiratori implacabili, sono avversari da prendere con pinze lunghissime. In un’imboscata nel Northern Transvaal il reparto di Dave perde 22 uomini e la notte è attraversata dalle urla dei feriti. Un’esperienza atroce: Dave ne scriverà alla sorella durante la convalescenza per un attacco di malaria: “Non sono riuscito a sparare a un boero quando ho visto che andava a soccorrere un suo camerata”. Quando il reparto rientra in patria, Dave, promosso sergente maggiore, rimane in Sudafrica sino all’estate del 1902 quando gli ultimi fuochi della guerra si stanno spegnendo. Le braci coveranno ancora a lungo, molto a lungo.

In Sudafrica c’è anche spazio per il rugby: il sergente Gallaher è capitano della selezione militare neozelandese che gioca dieci partite e le vince tutte nel torneo delle British Forces. Al ritorno in patria, ha tre medaglie sul petto e un futuro luminoso: è in campo, da wing-forward (terza linea), nella vittoria 9-3 sulle British Isles – poi Lions – e raccoglie memorabili lodi quando, con la selezione di Auckland, è uno dei protagonisti del 13-0 (una delle tre mete è sua) con cui vengono liquidati i tourists. I match con i britannici sono all’origine di un episodio imbarazzante: Dave presenta una nota spese per gli spostamenti che è stato costretto a fare, la Union neozelandese non gradisce, la ritiene eccessiva, e lo sospende dal gioco. Gallaher risolve mettendoci del suo: ha capito che stanno per arrivare giorni storici e non vuole perderli.

Messi assieme i fondi necessari, gli All Blacks, che non sono ancora All Blacks, stanno per partire per il tour del 1905-1906. La Union decide di nominare Dave capitano, non tutti gradiscono: “Non tocca ai giocatori eleggere il loro capitano?”. “Se la mettete così, rinuncio”, replica Dave. Si giunge al voto e con 17 favorevoli e 12 contrari, il capitanato gli rimane addosso.

Sul tour è stato scritto molto, se non tutto. Dopo l’interminabile viaggio sulla Rumetaka, in Gran Bretagna 27 partite in 88 giorni, tutte vinte; 801 punti fatti, 22 subiti, e quel nome che viene stampato sui giornali e sulla storia: All Blacks. Sino a Cardiff, alla meta di Teddy Morgan e alla meta-non meta di Bob Deans. “La squadra migliore ha vinto e sono contento così. Mi sono sempre fatto un punto d’onore di non commentare l’operato dell’arbitro”. Il virgolettato è di Dave che torna in Nuova Zelanda senza la corona dell’invincibilità. A 33 anni decide di ritirarsi: diventa allenatore e selezionatore e durante il suo “regno” i Neri marciano più o meno al ritmo dei nostri tempi: 50 giocate, 44 vinte, 2 pareggiate, 4 perse.

Nella primavera del 1916, a 43 anni, Dave lascia i macelli di Auckland e si arruola. Poco dopo lo informano che suo fratello minore, Douglas Wallace Gallaher, sergente maggiore dell’11° battaglione dello Western Australia, è caduto a Laventie, nei pressi di Fromelles, dove gli australiani, ha scritto uno storico, vissero le più spaventose 24 ore della loro storia: 5500 morti. Douglas era uscito ferito dall’altro spaventoso carnaio che segnò la fine dell’innocenza aussie: Gallipoli. Qualcuno ha detto che Dave avesse in animo di vendicare il fratello, ma non è così. Era solo guidato dalle coordinate di una vita: lealtà e senso del dovere. L’ultimo soffio ovale arriva durante il lungo viaggio verso la Gran Bretagna: durante la sosta, vuole organizzare un match con una selezione del Capo, ma che la partita sia stata giocata non è sostenuto da testimonianze attendibili.

Dopo il periodo di acclimatamento nel sud dell’Inghilterra, il battaglione viene inviato nel calderone della battaglia di Messines, un inferno di mine, gas, feroci corpo a corpo. Per una volta, se pure con perdite spaventose (quasi 25.000 uomini), i britannici riescono ad avanzare. L’entusiasmo convince i generali a dare un’altra spallata, a Passchendaele, riuscendo a organizzare quello che un grande storico, Basil Liddell Hart, ha definito “il giorno più triste nella storia militare inglese”: 62.000 morti, 164.000 feriti.

Uno shrapnel si apre un varco nell’elmetto di Dave che muore il 4 ottobre 1917 nel 3° Ospedale da campo australiano e viene sepolto nel cimitero di Nine Elms, Fiandre Occidentali, nei pressi di Poperinge. Per l’All Black numero 97, la tomba con la felce è la 32.513 e curiosamente Dave è stato ringiovanito di quasi tre anni: morto per ferite a 41 anni, è scritto. Ne stava per compiere 44. Gli viene assegnata la British War Medal e, più tardi, la Victory Medal.

Una delegazine degli All Balcks in visita alla tomba di Gallaher nel 2000, da sinistra Norm Maxwell, Greg Somerville, Mark Hammett, Todd Blackadder e il team manager, Andrew Martin.

Non è stato dimenticato: nel 1922 la Auckland Union istituisce il Gallaher Shield e nel 2000 nasce il Dave Gallaher Trophy, in palio quando Francia e Nuova Zelanda incrociano il loro cammino su suolo europeo. Neppure l’Irlanda ha rimosso quel figlio che la lasciò bambino: il Letterkenny Rugby Football Club gli ha intitolato il piccolo stadio, il Dave Gallaher Memoral Park (visitato da un altro campione del Ponsonby, Bryan Williams) e nel 2015 è stato girato un documentario sulla sua vita e le sue radici: “The Donegal All Black”.

Quando la sua maglia del match contro il Galles, donata da Dave al capitano dei Dragoni Gwynn Nicholls, è andata all’asta a Cardiff poco più di un anno fa, ogni vecchio parametro sui memorabilia sportivi, è andato a gambe all’aria: valutata tra le 20 e le 40.000 sterline, è stata aggiudicata a 180.000, per rendere ancora più preziosa la collezione di Nigel Wray, padrone dei Saracens. Forse solo la redingote indossata da Nelson a Trafalgar avrebbe spuntato una quotazione più alta.c

Nella foto del titolo il cimitero di Nine Elms, Fiandre Occidentali, nei pressi di Poperinge. Nella foto sopra, la tomba di Dave Gallaher foto Allrugby)

Torna su