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Forse siamo in presenza di un predestinato. Certamente di un ragazzo con qualità molto speciali. A Rieti, il mese scorso, in occasione della partita fra l’Italia U18 di Paolo Grassi e la Selezione dei club irlandesi, Edoardo Todaro, classe 2006, milanese, è stato il migliore in campo, sua la prima meta degli Azzurri, dopo 18 minuti.

Cresciuto rugbisticamente nel capoluogo lombardo tra Cus e ASR, nell’estate del 2021, a quattordici anni, si è trasferito con una borsa di studio in Inghilterra, alla Ipswich School, nel Suffolk, nord est di Londra.

“Ho mandato i video di quello che sapevo fare in campo, ho prodotto i risultati ottenuti a scuola, che erano sempre stati eccellenti. Mi hanno ammesso al loro programma di sport e studio, ma devo confessare che non è stato affatto facile farsi accettare. A Milano avevo frequentato un anno di liceo scientifico, a Ipsiwch ho dovuto incontrare il preside, passare una serie di test molto difficili, specialmente quello di matematica, i miei genitori, nonostante mio padre avesse giocato nell’Amatori Catania, erano più interessati alla proposta scolastica che a quella ovale. Volevano che frequentassi una buona scuola, il rugby per loro non era il primo obiettivo.  Ma io spingevo moltissimo e, diciamo che sono riuscito a unire l’aspetto sportivo con quello accademico”.

A Ipswich l’allenatore è Jakob Ford, fratello di George, il padre Mike è stato un giocatore nella League e coach dei Saracens, del Bath, del Tolone, tecnico della difesa dell’Irlanda, dell’Inghilterra e dei British & Irish Lions. L’esperienza in famiglia non manca.

Edoardo Todaro, a sinistra con il caschetto, con la maglia dell’Italia U18, nel match contro l’Irlanda (foto Emiliano GRILLOTTI/Rietilife.com)

Coinvolto da subito nel Developing Player Programme dei Northampton Saints, il club alla cui area di reclutamento appartiene l’Ipswich School, Edoardo è poi passato ai Player Development Groups e da questa stagione è entrato a far parte della Junior Academy dei Saints, che raccoglie i migliori di diverse contee\regioni, una sessantina di ragazzi in tutto (inizialmente erano quelli sotto osservazione erano centinaia).

“In Academy guadagnarsi un posto da titolare è difficile – spiega – a maggior ragione il primo anno, quando sei fra i più piccoli di età. E rimanere nel gruppo è altrettanto “challenging” perché sei sottoposto a costanti verifiche e ogni poco ci sono tagli”.

Edoardo comunque nelle prime due partite della Premiership U18 è stato schierato titolare e con un anno di anticipo, è diventato anche EAP (England Academy Player) ovvero un osservato speciale dalla RFU, che tiene monitorati i ragazzi sotto i 24 anni di ciascuna delle 14 accademie regionali.

Edoardo Todaro con la maglia dei Northampton Saints.

“Un ragazzo prodigio? – chiediamo. “Diciamo uno con buone potenzialità”, spiega il giovane talento, senza scomporsi più di tanto.

E allora cerchiamo di capire quali sono le qualità che hanno impressionato i tecnici inglesi, certamente abituati a avere a disposizione tanti buoni giocatori, in ogni ruolo.

Chi volesse farsi un’idea di quello che Todaro sa fare sul campo può dare un’occhiata alla partita giocata lo scorso 10 ottobre tra Rugby School e Ipswich School a The Close, dove tutto cominciò 200 anni fa (https://www.youtube.com/watch?v=Al4y2uVfDwo), oppure a quella della Ipswich School contro Sedbergh la scuola da dove sono passati tra gli altri Will Carling, capitano dell’Inghilterra negli anni Novanta, e un campione del mondo come Will Greenwood (https://www.youtube.com/watch?v=hRi9LeUd4KM, da 2.01.38),.

“Ho buona velocità- ammette Edoardo – sono un contrattaccante, mi piace sfidare l’avversario uno contro uno, ho un buon cambio di passo. Un modello? Azzardo Damian Mc Kenzie”. Il ragazzo non ha paura di confrontarsi con i migliori…

Difetti? “Forse mi manca ancora un po’ di leadership, soprattutto qui in Inghilterra, credo più per la lingua che per altro. Con la maglia azzurra infatti non ho questo problema. Mi sento più sicuro, più a mio agio, anche se qui a Ipswich gli allenatori a volte criticano i miei modi di fare, dicono che sono un po’ troppo esuberante.  A me piace socializzare, scherzare il che magari mi fa sembrare un po’ arrogante, un po’ spaccone in campo”.

Hai parlato di maglia azzurra, come è stato il tuo esordio a Rieti.

“Avevo già giocato con la U18 al Cardiff Festival, ad agosto, ma questa con i club irlandesi è stata una partita diversa, giocavamo in Italia, c’erano i miei genitori, gli inni, mi sono emozionato tantissimo, non me l’aspettavo, avevo le lacrime agli occhi. Qualcuno qui scherzando mi ha detto che se vado avanti così potrei entrare nei radar delle nazionali inglesi, ma io penso che la mia maglia sia quella dell’Italia e quando torno dai miei genitori mi alleno sempre con l’accademia federale di Milano e con il mio vecchio club”.

Raccontaci la tua giornata tipo.

“Scuola, rugby, studio, palestra, di tempo ne rimane davvero poco. L’orario scolastico è dalle 8.30 alle 16.20 e comprende anche l’allenamento con la squadra che gioca sia il campionato delle scuole sia la coppa. Poi ci sono le ore di indipendent study, che ti permettono di organizzarti la giornata come preferisci, io tre o quattro volte alla settimana vado anche in palestra, la mattina o il pomeriggio. Poi una volta in settimana c’è l’allenamento con l’Academy dei Saints. Ci metto un paio d’ore a andare e quel giorno torno a casa la sera alle 10.  Infine come EAP ho una serie di allenamenti individuali con un tecnico che vene apposta per me. Di tempo ne resta davvero poco. Ma è meglio così”.In che senso? La stagione del rugby qui finisce a aprile, ma la scuola va avanti fino a luglio. Così gli ultimi mesi mi tocca giocare a cricket, dove faccio abbastanza schifo. Il rugby mi ha aiutato subito a inserirmi: tutti conoscono quelli che giocano con la prima squadra. Alle partite vengono anche 5/600 persone a vederci. I ragazzi più piccoli ti salutano quando ti incontrano per strada, ti danno il pugnetto. Ti fanno sentire una piccola star. Nel cricket se ve bene gioco in terza squadra, il primo anno quegli ultimi mesi sono stati lunghissimi”.

Ma non torni mai in Italia? “Sì in teoria ogni mese e mezzo circa c’è una pausa, mid term, le vacanze di Natale etc. In quei periodi la scuola chiude e quelli come me che vivono nel campus devono liberare gli alloggi, nessuno può restare quando non ci sono le lezioni. Dovrei tornare in Italia, ma se ho impegni con i Saints o con la Academy devo trovare qualcuno che mi ospiti per poter continuare a giocare e ad allenarmi. Alla fine non vengo così spesso come vorrei, fosse anche solo per mangiare un po’ meglio. Qui la mensa proprio non mi va giù”.

Fidanzata inglese o italiana? “Per il momento niente roba seria…” . Tempo libero: “Netflix, play station, ma l’ultima volta che sono stato a casa l’ho dimenticata a Milano. Vabbè così non divento un nerd da video game…”.

Il futuro: “studiare, migliorare giorno per giorno sul campo da gioco. Conseguire il diploma di A-Levels (nel 2025 ndr) e iscrivermi a un’università dove laurearmi in economia e continuare a giocare., rugbisticamente le migliori sono Exeter e Durham, quest’ultima mi consentirebbe di stare relativamente più vicino a Northampton”. Per una carriera da manager? “Più che altro mi piace la finanza, mi piace investire in Borsa, ma diciamo che c’è tempo…”.

Alla London Stock Exchange noi per il momento investiamo in talenti ovali. Sperando che producano quei risultati che da tempo attendiamo.

Nella foto del titolo, in meta contro l’Irlanda a Rieti, lo scorso 4 novembre. 

In quella più piccola, qui sopra, in azione con la maglia della Ipswich School sotto lo sguardo attento dei compagnidi scuola

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