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A Rieti la giornata regala un cielo d’Irlanda, piove e fa freddo, anche se quel centinaio di tifosi arrivati al seguito di Ireland Clubs under 18, la selezione che mette insieme i migliori prodotti delle province dell’Isola di San Patrizio, sembrano non accorgersene. È la prima uscita della nostra Nazionale dei minorenni e c’è molta curiosità, perché chi ha dimestichezza con il rugby giovanile sa che ogni volta si va alla scoperta della bontà delle singole annate. A vedere in campo la formazione messa insieme da Paolo Grassi, tecnico che si infila sulla lunga scia dei prodotti pregiati forniti al movimento dal rugby livornese, si ha la sensazione di avere a che fare con un ottimo novello. L’Italia under 18 alla fine vince (31-27), si batte, commette degli errori di gioventù, ma è brava a nasconderli dietro a una prestazione ordinata, costruita su un dominio nelle fasi statiche e su alcune individualità di cui sentiremo parlare.

Nell’era dei gps e dei video analyst anche agli albori di una carriera non esiste più improvvisazione, i giocatori sono tutti proiettati verso il futuro, costruiti da subito per pensare all’alto livello, vivono il rugby come una prospettiva. In campo spiccano le individualità di Alessandro Ragusi, estremo di grande talento cresciuto nel Cus Milano che ha scelto di respirare il rugby che conta al Racing di Parigi: visione di gioco, piede preciso, una meta che spacca in due la partita (16 punti personali) e quell’innata visione di gioco che lo proietta tra i migliori prodotti d’annata (vedi la sua intervista in Allrugby 184). Con lui il centro Edoardo Todaro, esplosivo e spietato in difesa, eletto miglior giocatore di giornata grazie anche alla meta che ha spento il fuoco iniziale irlandese. Anche lui ha scelto l’estero, accademia del Northampton per cullare i propri sogni. Ma è tutta la squadra che diverte, impressiona, argina con ordine il classico gioco multifase che è marchio di fabbrica della scuola irlandese. Alla fine la festa è spontanea, allegra, negli spogliatoi si balla a ritmo di reggaeton, perché in fondo il primo passo di una carriera tutta da inventare è stato elettrizzante ed è giusto goderselo.

«Sono orgoglioso dei miei ragazzi» dice Anthony Italo Miranda, capitano che per caso a rugby ha iniziato a giocare al collegio St Andrews a Dublino e che oggi ha in testa solo l’azzurro. Studia alla Luiss a Roma dove gioca con la Capitolina, divora un libro dietro l’altro e si sente un cittadino del mondo dopo aver viaggiato tutta la gioventù seguendo la famiglia in trasferta per impegni di lavoro (papà romano, mamma siciliana) in mezza Europa: «Ma anche in Olanda giocavo a rugby…», racconta. Occhio alla terza linea Inza Dene, al pilone Erik Meroi, all’apertura Pietro Celi, altro prodotto livornese, anche se in una serata così tutti hanno meritato di godersi la gioia per una vittoria di prestigio.

Con questa squadra l’Italia arriverà al «Festival» di inizio estate, appuntamento clou per i diciottenni, una specie di Sei Nazioni in miniatura. L’Italia vista a Rieti è un viaggio di speranza per il nostro rugby. La vendemmia d’annata sembra regalare un vino giovane di ottima qualità.

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