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È arrivato il momento in cui qualche domanda sul presente e sul futuro delle Zebre va fatta.

Nelle ultime tre stagioni sportive, cioè da quando il nuovo corso della franchigia è stato preso in mano dalla nuova direzione federale la Zebre in 66 match hanno ottenuto complessivamente 4 vittorie (due delle quali in Challenge Cup) e 1 pareggio. Al (giustamente) celebrato successo di novembre sugli Sharks che aveva interrotto nello URC una striscia di 22 sconfitte consecutive, hanno fatto seguito altre 12 sconfitte e il pari con Cardiff al Lanfranchi. A meno di clamorose sorprese nell’ultima giornata, per il terzo anno consecutivo le Zebre chiuderanno il torneo all’ultimo posto. A questo punto dire che “tutto va bene, madama la marchesa” è un bell’imbroglio. E urgono alcune considerazioni.

La festa dei giocatori delle Zebre dopo la vittoria a novembre sugli Sharks (foto Zebre Parma)

Dei 31 giocatori utilizzati da Quesada nel Sei Nazioni, solo quattro giocano nelle Zebre (Fischetti, Zambonin, Pani e Canali), aggiungiamoci anche Nocera che sarebbe stato nei 23 contro la Francia se non si fosse infortunato nei giorni prima della partita, il bilancio è comunque negativo.

Negli ultimi 24 mesi, oltre tutto, le Zebre si sono sbarazzate di ben 18 giocatori, nessuno dei quali è andato oltre il traguardo delle due stagioni a Parma.  Undici di questi non hanno superato le dodici presenze in totale. Qualcosa, sul piano della direzione tecnica non pare aver funzionato a dovere. Tredici dei diciotto in questione erano stranieri, forse nella scelta dei profili è stata fatta un po’ di confusione.

Ma quanto è costata questa giostra, mentre i giovani provenienti dall’U20, liberati dalla vecchia clausola che, dopo l’Accademia, li voleva impiegati almeno due anni in Top10, guardano da bordo campo passare in treni senza mai giocare e con il rischio di finire nell’oblio?

La prossima stagione vedrà l’esordio sulla panchina del club di Massimo Brunello, al posto di Fabio Roselli. Richard Hodges prenderà il posto di Marius Goosen come tecnico della difesa dell’Italia, mentre ad affiancare Brunello nella guida delle Zebre ci sarà come già nell’U20 Mattia Dolcetto.

Cosa troveranno Brunello e Dolcetto a Parma?

Mattia Dolcetto quando allenava la U17 azzurra, qui fra Mancini Parri (a sinistra) e Iachizzi )foto Federugby)

Il bilancio preventivo (2024) della Fir è stato licenziato con quasi 9 milioni di passivo: con questi numeri è difficile pensare che il budget del club, l’85% del quale proviene dalla casse federali (leggi qui come funziona) potrà essere aumentato rispetto ai circa 6 milioni delle passate stagioni. Pertanto come potrà essere rafforzata una rosa che rispetto ai 48 giocatori dell’ultimo torneo, conta in questo momento al massimo una trentina di giocatori arruolabili e sani?

In prima linea, via Manfredi (al Benetton), via Genovese (idem), operato al gomito Bigi (ne avrà per quattro mesi, pertanto non sarà disponibile prima della fine di agosto), Buonfiglio in convalescenza per la ricostruzione del tendine d’Achille, un intervento che normalmente richiede quasi un anno per il recupero, Quattrini è reduce da una stagione (Zebre e Lyons Piacenza) in cui non ha giocato nemmeno un minuto.  Restano Di Bartolomeo, Fischetti, Hasa, Pitinari, Ribaldi e Rizzoli, due soli (Di Bartolomeo e Ribaldi) i tallonatori di ruolo. Genovese si è trasferito a Treviso dopo aver giocato 240’ in due stagioni

In seconda linea ci sono Canali, Krumov e Zambonin, più Sisi che sul contachilometri però ha già un bel po’ di miglia da smaltire. De Leeuw è stato operato a maggio e ne avrà per almeno tre mesi.

In terza Jack Ferrari, Licata e Ruggeri sono certezze nei loro ruoli, più Stavile, buon cacciatore di palloni. Bianchi è reduce da un’operazione alla mandibola, ma dovrebbe essere pronto a fine giugno, Andreani non gioca da dicembre (operazione a una caviglia) e Volpi è stato operato a maggio a un ginocchio. Cercansi disperatamente un ball carrier (o due…)

Una carca Una carica di Davide Ruggeri con Leonard Krumov (con il caschetto) in. sostegno (foto Zebre Parma)

Fra i trequarti, via Franco Smith jr, via Tiff Eden, via Pierre Bruno (perchè!?), Ben Cambrìani è stato operato ai legamenti del ginocchio a novembre scorso. Dei sedici che restano, quattro sono mediani di mischia, due aperture (Da Re e Montemauri), quattro centri (Lucchin, Paea, Morisi e Mazza), quattro ali (con Cambriani) e due estremi (Pani e Prisciantelli). Pani sarà verosimilmente spesso impegnato con la nazionale. Bozzoni, nella stagione appena terminata, non ha giocato neppure un minuto.

Dall’Accademia di Treviso potrebbe arrivare Scalabrin, ma serve un centro capace di accelerazioni e di difendere all’esterno.

Delle disponibilità economiche si è parlato prima.

Il problema è che parliamo di una squadra che ha concesso fin qui una media di cinque mete a partita (88 in URC in 17 giornate) e ne ha realizzate 40, peggio in attacco hanno fatto solo gli Scarlets e i Dragons, con la differenza che i primi di mete ne hanno subite 75 e i secondi 80. Il saldo è favorevole a entrambe le gallesi.

L’anno migliore per le Zebre (PRO14, senza le sudafricane) fu il 2018, con un media al passivo di 3,7 mete a partita e sette vittorie (più una in Challenge Cup contro Agen). Nel 2016, la franchigia parmigiana vinse 5 partite nell’allora PRO12 e tre in Challenge Cup (due contro Worcester e una contro La Rochelle).

In questo ultimo torneo le Zebre sono anche la squadra che in URC ha guadagnato meno metri in assoluto e ha mancato più placcaggi. Tanti anche i punti concessi 605, nessuno ne ha subiti di più.

Insomma ci sarebbe bisogno di robuste iniezioni di qualità, oppure di un progetto chiaro orientato al futuro, un utilizzo virtuoso della franchigia in sinergia con i club dell’Elite per favorire la transizione dall’U20 alle categorie seniores.

Purtroppo, della U20 di Brunello, nessun giocatore quest’anno aveva nel suo curriculum minuti con le Zebre: se si tratta di franchigia di sviluppo, destinata a soffrire in permanenza in fondo alla classifica, tanto varrebbe che qualche giovane cominciasse a farsi le ossa in URC, come accade in Irlanda, ma anche in Francia e in Inghilterra, dove, tanto per fare un esempio il capitano della U20, Finn Carnduff, quest’anno ha giocato con i Tigers cinque match in Premiership.

David Odiase con la maglia dell’U20 ai Mondlali juniores la scorsa estate in Sudafrica  (Photo by World Rugby/World Rugby via Getty Images)

Invece Odiase e Mey sono stati lasciati emigrare in Francia col miraggio di diventare JFF (giocatori di formazione francese), il primo retrocederà con Oyonnax dove in Top14 ha giocato in tutto 32’, Mey a Clermont è stato in campo per 88’.

In questa stagione, in Francia, solo nelle formazioni Espoirs e dintorni c’erano una ventina di italiani U23. A che serve tenere in piedi una franchigia se i giovani per crescere devono emigrare all’estero?

È vero, senza risorse non si va lontano e il Lanfranchi, ogni stagione, è all’ultimo posto per numero di spettatori. Ma l’anno zero non può significare in permanenza crescita zero.

Nella foto di apertura Massimo Brunello- qui con Muhamed Hasa -ha guidato la nazionale U20 nelle ultime quattro stagioni (foto Federugby)

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