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“No, non posso dire che l’avessimo preparato. Anzi, sono convinto che se ci fosse stata una preparazione l’avrei sbagliato. È stato un gesto istintivo, c’erano stati dei drive, delle cariche, anche fino a cinque metri dalla linea di meta, poi la palla è arrivata a me: istinto, fortuna, ero lì per fare quello”. Così Andrea Marcato raccontava a Giacomo Bagnasco (Allrugby 187) il drop della vittoria dell’Italia sulla Scozia, al Flaminio nel 2008.

Con i drop si vincono le partite. E questo è un piccolo promemoria per tutti gli allenatori, di qualunque categoria.

I Mondiali del 1995 furono decisi da un drop di Stransky ai supplementari, quelli del 2003 da quello di Wilkinson allo scadere, la finale della Premiership 2022 (Tigers-Saracens) fu chiusa da un drop di Freddie Burns e Inghilterra-Irlanda, pochi giorni fa, da quello di Marcus Smith all’80’.

Di quello di Marcato si è detto, e nel 2014, all’Olimpico, a condannare gli Azzurri fu un drop di Weir nei secondi di recupero.

Nel 2016 a Parigi, fu Sergio Parisse a tentare il drop di una possibile, clamorosa vittoria sulla Francia. Non era uno specialista e il pallone non centrò i pali.

Ci fosse stato in campo un giocatore capace di calciare un drop, l’Italia U20, alla seconda giornata del Sei Nazioni, avrebbe battuto l’Irlanda e, last but not least, la Scozia forse sabato scorso avrebbe negato il successo agli Azzurri all’Olimpico.

Il drop di Owen Farrell, nella semifinale dei Mondiali, contro il Sudafrica, non è bastato all’Inghilterra per battere gli Springboks ((foto Julian Finney – World Rugby/World Rugby via Getty Images)

Con il drop si vince. In quella lunga, disperata sequenza di attacchi finali, perché la Scozia non ha provato un drop per battere l’Italia, chiedeva l’altro giorno Ugo Monye a Chris Ashton?

Perché Finn Russell in 49 partite giocate con la maglia del cardo non ha mai messo a segno un solo drop, è stata la risposta. E in tutta la sua carriera professionistica ne ha realizzato solo uno, a dicembre del 2016, con la maglia dei Glasgow Warriors contro Edimburgo.

Si può anche eccepire che probabilmente la Scozia non si è mai avvicinata abbastanza ai 22 dell’Italia per poter provare a calciare ai pali, ma una squadra che dispone di uno specialista del calcio di rimbalzo, forse a quel punto avrebbe organizzato un assalto diverso, come fece l’Inghilterra nel 2003 contro l’Australia. In ogni caso, chissà se gli Azzurri sapevano, se Quesada gli aveva detto che il drop non è un’arma che Russell possiede nel suo repertorio…

Avere in campo un giocatore che a fine match può ribaltare il risultato con un drop a volte è fondamentale. Diego Dominguez ne realizzò 3 nella partita di esordio dell’Italia nel Sei Nazioni. Strano che gli allenatori spesso ignorino l’importanza di questa soluzione.

Nella foto di apertura il drop di Marcato contro la Scozia nel 2008 (Tom Shaw/Getty Images)

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