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La prima è la parola più utilizzata alla presentazione delle neonate Serie A élite maschili e femminili, la seconda è ciò che traspare quando si legge tra le righe di alcuni accordi alla base del rilancio del campionato. Ovvero quelli con la Rai e DAZN, quest’ultimo tornato all’ovale grazie all’acquisizione di Eleven Sports

All’ennesimo cambio di nome e con un tentativo – per ora osteggiato dai club – di cambiarne la formula (almeno della versione maschile) a partire dall’anno prossimo, è stato presentato a Milano, alla presenza di capitani e allenatori, il nuovo corso del campionato, ribattezzato per entrambi i sessi, Serie A Elite. Ci sono tanti non detti, ovviamente, ci si guarda bene dal parlare (e anche chiedere) qualcosa sulla squalifica monstre di 62 tesserati nella famosa amichevole tra Rovigo e Petrarca in precampionato, si fa invece buon viso a cattivo gioco augurandosi che la Rai preferisca Rai 2 a Raisport per l partite di cartello, in particolare la rivincita della finale 2023 prevista in calendario in autunno.

 

Dell’altra polemica, legata al comunicato stampa di settimana scorsa di 8 squadre (Rugby Colorno, Rugby Vicenza, Valorugby, Rugby Rovigo Delta, Petrarca Rugby, Lyons Piacenza, Rugby Viadana, Fiamme Oro Rugby), uscito il giorno di Italia-Nuova Zelanda, in cui si certifica la contrarietà del campionato alla rivoluzione della formula, il Presidente Marzio Innocenti ci tiene a togliersi qualche sassolino dalle scarpe, perché citando anche due articoli di giornale (“che se volete poi vi mando”), fa notare che “gli stessi che ora avversano un campionato a otto squadre, negli anni passati la consideravano l’unica via percorribile”. La situazione è tesa ma si scopre che è stato chiesto alle società di “presentare un progetto di sviluppo del campionato” al fine di facilitare il confronto, però la punteggiatura dell’intervento sembra sempre una sfida ai club, perché – in fondo il concetto è quello – non possono considerarsi tenutari di nulla se “dei 33 giocatori al mondiale, soltanto 4 hanno iniziato il loro percorso rugbistico in un club che ora è in Serie A élite” e che “dobbiamo creare una A1 e una A2 che permettano alle società di cullare il sogno di competere in élite e non di essere retrocessi subito una volta raggiunta”. E ancora: “La federazione deve pensare a 700 società. Non solo ad alcune”. Anche perché di problemi ce n’è a bizzeffe, fa sempre notare Innocenti, “dalle società che non hanno la proprietà degli impianti a società non possono certificate il bilancio, fino a quelle che non fanno formazione o che non hanno una struttura medica”.

La tivvù

La famosa NBA in salsa ovale, cardine del programma elettorale di Innocenti e alla base di un rilancio non solo del domestic ma di un intero movimento, dovrebbe avvicinare la base allo United Rugby Championship. Ma a parte il consenso, che latita, la questione del vil denaro sarà dirimente. E con essa la produzione televisiva.

Sul primo punto la Federazione è stata chiara, l’assistenzialismo non ha funzionato e non è previsto (“neanche per le donne”), si andrà nella direzione di creare i presupposti e il network perché si trovino risorse. E qui la televisione diventa protagonista. Si sbandiera, giustamente, il successo della finale di Parma 2023, in diretta Rai e con il Lanfranchi pieno, quindi si riproporrà lo stesso menù. La vera novità è che tutte le partite maschili del week end saranno su Dazn, compresi i playoff, più una a turno del campionato femminile. La Rai trasmetterà la partita chiave di ogni fine settimana su Rai Sport, per poi tornare sulle reti generaliste nelle fasi finali. Ma dalle parole di Marco Aloi, direttore del torneo serie a Elite maschile, e Andrea Cimbrico, responsabile comunicazione Fir, pare che tutto sia deputato a buoni rapporti individuali più che a un vero interesse commerciale per il prodotto. Si è scomodato anche il nome di Paolo Rosi, per certificare una sorta di continuità tra Rai e rugby ma in realtà sembra sempre di chiedere l’elemosina. Poi c’è il discorso costi: il 70% circa della produzione sarà a carico di Fir. Con tutte quelle partite comprese di TMO, sarà una spesa ingente per le casse federali. È una scommessa che si deve vincere per forza perché il piano sembra basarsi principalmente su questo investimento. Daniele Pacini ha tracciato l’obiettivo generale, da centrare per i due campionati, ovviamente diverso tra maschile e femminile: “Tornei più avvincenti, quindi più combattuti è un livello di gioco più alto e appetibile; un gioco sempre più sicuro (come vuole World Rugby), non solo dentro ma anche percepito; aumento del minutaggio di gioco reale; un campionato che valorizzi i giovani”.  Insomma c’è la pompa magna, c’è la retorica del rugby – un’esclusiva di Lara Magoni, sottosegretaria sport Regione Lombardia, che seppur genuina dichiara il suo “amore per il rugby, siete tutti noi” – ma la realtà è che ancora non si è spiegato bene come si recupereranno le risorse per sostenere un progetto avveniristico che vede i primattori ancora litigiosi. Anche se Innocenti la annovera come “normali contrapposizioni di idee. Il nostro rugby deve mirare al rugby professionistico. Non è semplice ma è la strada che va percorsa”.  Questo il “biglietto da visita”: resta da capire se finirà in un cassetto o rappresenterà uno spartiacque per il movimento. Nella buona o nella cattiva sorte.

 

Foto di Francesco Scaccianoce/Getty Images

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