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L’Irlanda ha corso più metri degli All Blacks palla in mano, 632 contro 487. Gli Irlandesi hanno effettuato il doppio dei passaggi, 322 contro 135, hanno battuto più difensori, 31 contro 22, dominato il territorio, 59%, e il possesso 55%. La Nuova Zelanda è stata costretta a placcare più dell’Irlanda (230 placcaggi contro 159) e ha mancato più placcaggi, il 18% contro 16% degli avversari. Ma la Nuova Zelanda ha vinto 28-24.

Perché i numeri dicono tanto, ma non tutto. E se l’Irlanda, alla fine dell’assalto finale, dopo 37 fasi, avesse segnato. Oppure, se quella spinta da touche a 8 minuti dalla fine, non fosse stata fermata da Jordi Barrett, bravo a tenere la palla sollevata da terra in area di meta, ora diremmo che la vittoria irlandese era scritta, nelle statistiche e nella storia degli ultimi quindici mesi. Perchè Andy Farrell aveva costruito la macchina perfetta, da un anno mezzo, numero uno del mondo.  Invece hanno vinto gli All Blacks, capaci di segnare tre mete su azioni altrettanto spettacolari pareggiando, da questo punto di vista, il conto con  gli irlandesi.

Ma se c’era una squadra capace di brillantezze individuali i(Mo’unga con la corsa che innescato la meta di Will Jordan, Aaron Smith, Ardie Savea, Jordi e Beauden Barrett…) in grado di sovvertire ogni numero, questa era la Nuova Zelanda. A volte nello sport capita, un gesto ti porta in paradiso, una distrazione momentanea ti condanna. Dopo che l’arbitro aveva stabilito che il pallone, sulla spinta irlandese da touche non era stato schiacciato a terra, Caelan Doris si è fatto sfuggire in avanti la palla calciata dai Tuttineri di drop da sotto i pali. Mischia per gli All Blacks: da quel momento in poi l’Irlanda, nonostante tutti gli sforzi non è più riuscita ad avvicinarsi alla meta avversaria, sotto quella pressione incessante i neozelandesi sono stati perfetti in difesa. La maledizione irlandese, che non ha mai permesso ai verdi di superare i quarti di finale continua. Per Sexton e compagni, sipario.

 

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