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“Squadra che vince si cambia”: anche per l’ultimo incontro, decisivo per la vittoria finale nel gruppo 2, coach Raineri continua con coerenza nel suo percorso mirante a dare minutaggio al maggior numero possibile di atlete ed a sperimentare giocatrici in diverse posizioni. Dentro allora dal primo minuto Gai e Maris in prima linea, sotto-utilizzate contro il Sudafrica stanti le mischie no-contest, con Turani che passa a tallonare e Vecchini in tribuna; dentro anche Stevanin a primo centro, con Rigoni all’apertura; dentro infine Tounesi, questa volta in terza, insieme a Cavina e alla rientrante capitana Giordano. In panca fa la sua prima apparizione Emanuela Stecca, l’unica a non essere ancora scesa in campo. In seconda, Valeria Fedrighi conquista il suo 50mo cap, tributo ad una carriera di grande consistenza.

L’Italia in questa partita ha tre obiettivi di complessità crescente: vincere, onde evitare la perdita di due posizioni nel ranking mondiale; vincere segnando quattro mete, per affiancare la Scozia in testa alla classifica; vincere con 25 punti di scarto, per assicurarsi il trofeo. Le mani sulla partita vengono messe già alla fine del primo tempo, chiuso in vantaggio 12-3 pur avendo giocato contro il fortissimo vento che spazza lo stadio di Athlone. Dopo aver subito nei primi minuti la pressione americana e i 3 punti che questa ha prodotto le Azzurre riescono a tenere gli USA nei loro 22, grazie alla loro capacità di proporre numerose fasi ed all’intelligente uso del piede, in specie da parte di Sofia Stefan. Bisogna comunque aspettare il 28’ per il sorpasso, con Giordana Duca che va oltre la linea dopo l’ennesima carica di Sara Tounesi; poco dopo le avanti mettono nuovamente sotto pressione le avversarie, creando spazio al largo per la meta di Ostuni Minuzzi. Il secondo obiettivo viene raggiunto poco dopo l’inizio della ripresa: nel giro di dieci minuti o poco più due splendide azioni mandano in meta prima Stefan e poi D’Incà.

Con il bonus offensivo in saccoccia c’è quasi mezz’ora per raggiungere il terzo e più difficile obiettivo, superare la Scozia nella differenza punti. Un compito ulteriormente complicato dal fatto che l’unico svarione di una prova difensiva praticamente perfetta permette alle americane di marcare pesante. L’Italia tuttavia continua a premere, aumentando ulteriormente il suo punteggio con la meta di Giordano e un piazzato di Sillari. All’ingresso dell’ultimo quarto il tabellone dice 30-8: mancano soltanto tre punti al sorpasso, un esito che visto come sono andate le cose sino a questo momento appare ampiamente alla portata (un’opinione che le scozzesi in tribuna sembrano condividere, a giudicare dalle espressioni preoccupate più volte messe in mostra dalla regia). Fatto sta che invece di concludere lo straordinario lavoro fatto, l’Italia si spegne. Lotta, preme, ma con minore lucidità e maggiore frenesia: vari passaggi a vuoto rallentano la nostra azione, in-avanti e turnover generosamente concessi ridanno il possesso alle americane e rendono difficile per le azzurre tornare in attacco. Ci riescono quando mancano cinque minuti, grazie ad un sensazionale calcio a seguire di Sofia Stefan (meritatissima player of the match) che esce ad un metro dalla linea di meta. Poco dopo arriverebbero anche i punti decisivi per la vittoria nel torneo, grazie ad una touche a cinque metri. La rimessa laterale, che si è rivelata una fonte preziosa di possessi di qualità (grandiosa Silvia Turani sia al lancio che nel gioco aperto) innesca una driving maul che va oltre per la finalizzazione di Laura Gurioli. Purtroppo l’arbitra Ganley (nel complesso buona la sua prestazione) ravvisa un’ostruzione di Elisa Giordano e penalizza le azzurre con il conforto del TMO. Un’interpretazione contestata dall’Italia (e anche a quanto pare da riprese dell’azione da altre angolazioni), ma tant’è. L’ultima occasione arriverebbe con un calcio di punizione concesso allo scadere, peraltro più vicino ai 10 che ai 22. Viste anche le difficoltà di Sillari al piede (2/6 in una giornata estremamente complicata per le calciatrici data la violenza del vento) si opta per una mischia. Gli attacchi successivi non portano a nulla, e le scozzesi possono dare sfogo al sollievo per lo scampato pericolo.

Si chiude così con un briciolo di amarezza un’esperienza che è stata ampiamente positiva, per la qualità delle prestazioni, per il sostanziale allargamento del gruppo fortemente voluto da Nanni Raineri, e anche – diciamolo – per la risalita nel ranking alla settima posizione, superando proprio gli USA. Mentre la Scozia ha puntato esplicitamente a vincere il torneo, mettendo sempre in campo lo stesso XV, il coach italiano ha dato ampio spazio all’intera rosa, spostando anche di ruolo alcune giocatrici (Turani, Rigoni, Capomaggi, Tounesi e Granzotto) a seconda del contesto e della bisogna. E’ possibile che la presenza in campo di varie atlete di ancora limitata esperienza internazionale abbia contribuito alle difficoltà e alle cadute di attenzione verificatesi nelle fasi finali dei vari incontri disputati (non solo di quello con gli USA). Ma ammesso che questa interpretazione sia corretta, si trattava comunque di un prezzo che valeva la pena pagare rispetto all’obiettivo di costruire un organico più ampio.

Marcatrici: 14’ cp. Cantorna (0-3); 28’ m. Duca tr. Sillari (7-3); 39’ m. Ostuni Minuzzi (12-3); 44’ m. Stefan (17-3); 46’ m. Brody (17-8); 52’ m. D’Incà (22-8); 59’ m. Giordano (27-8); 62’ cp. Sillari (30-8).

Italia: Capomaggi (73’ Catellani); Ostuni Minuzzi, Sillari, Stevanin (64’ Madia), D’Incà; Rigoni, Stefan; Giordano , Cavina (64’ Ranuccini), Tounesi (56’ Locatelli); Duca, Fedrighi; Gai (64’ Pilani), Turani (71’ Gurioli), Maris (67’ Stecca). A disposizione: Mastrangelo.

 

Nella foto di Johan Rynners – World Rugby/World Rugby via Getty Images – Vittoria Ostuni Minuzzi affrota la statunitense Harris-Jones

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