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Il rugby era uno dei tanti “sport vari” che seguiva per la Gazza, come la chiamava lui. Anche una volta andato in pensione, ha continuato ad amare il giornale rosa. Ad amarlo come un figlio, anche quando magari scartava un po’ dalla retta via, nel senso che non mancavano i dispiaceri procurati da una deriva sempre meno “ecumenica”.
Il rugby italiano gli deve tanto. E moltissimo gli dobbiamo noi, allora giovani cronisti, che alla prima volta in tribuna stampa eravamo accolti con simpatia, quasi con affetto, da un signore come lui. E da altri personaggi importanti del giornalismo ovale, che – in tempi favorevoli, diversi da questi – hanno avuto la fortuna di vedersi attorniati da una nuova generazione.
Resta comunque il dubbio che quella fortuna se la siano andata un po’ a cercare, mentre noi siamo invecchiati senza incoraggiare più di tanto un ricambio generazionale fondamentale in tutti i campi, a maggior ragione in professioni come la nostra.
Carlo – che era stato anche un judoka di valore – aveva vissuto grandi momenti di sport. Tra le discipline di squadra glieli aveva regalati soprattutto il volley (quasi una religione nella sua Modena) ma pure il rugby aveva contribuito, basti pensare alla saga degli anni 90 e all’ingresso nel Sei Nazioni.
Dal “ritiro” di Cesenatico seguiva con attenzione la palla ovale. Di Allrugby era un fedele lettore, e questo era solo un piccolo motivo, tra parecchi altri, per volergli bene. (G. Bag.)

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