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Nika Amashukeli sarà il primo arbitro proveniente da una nazione di Tier 2 a dirigere un incontro di Sei Nazioni.

Bene, bravo, bis. Ma purtroppo la questione non finisce qui.

Perché c’è un paese di Tier 1, la cui nazionale si appresta a disputare il torneo per la ventitreesima volta, che ancora aspetta di vedere un suo arbitro selezionato per fischiare in un match della competizione.

Quel paese ovviamente è l’Italia. E se fino ad oggi davanti alle nostre rimostranze per questo (mica tanto) piccolo sgarbo valeva la risposta che in fin dei conti il Sei Nazioni se lo sono fatto e costruito loro (gli anglosassoni, gli irlandesi, i francesi) e quindi ad interpretare le regole chiamano gli arbitri che più gli fanno comodo, la designazione di un georgiano scompiglia le carte.
Perché tutto si può dire fuorché che Nika Amashukeli, per quanto promettente, sia più bravo, più famoso, più rispettato, più qualificato dei vari italiani che nel passato, o nel presente, sono stati ignorati: Giulio De Santis, Marius Mitrea, Andrea Piardi, Gianluca Gnecchi.

Mitrea in particolare in passato avrebbe avuto i titoli per arbitrare più di un match del Sei Nazioni.

Di conseguenza, la designazione di Amashukeli suona come un avvertimento, nemmeno tanto oscuro, a maggior ragione perché il referee georgiano è stato scelto per dirigere proprio una partita dell’Italia.

“Aspettate da vent’anni? Pazienza…quando sarete pronti verrà anche il vostro turno …”.

Già, ma perché il nostro turno non è ancora arrivato?  Premiarne un arbitro per un match del Sei Nazioni, al quale la Georgia (per ora) neanche partecipa, giusto o sbagliato che sia, è un dispetto all’Italia. E in un mondo immobile come quello in cui si muove il rugby internazionale è impossibile pensare che questa scelta sia avvenuta per sbaglio o per caso.

Ora resta da capire perché ci abbiano voluto dare uno schiaffo sul muso.

Prima risposta: Nika Amashukeli, classe 1994, è un professionista, cosa che nel mondo internazionale viene molto apprezzata. È un uomo su cui investire, il professionismo dà garanzie di crescita e volontà da parte della sua federazione. In Italia, non c’è nessun arbitro professionista, questo è il primo fatto da considerare e su cui meditare.

Il percorso ai Amashukeli è stato avviato anni fa, e lo scorso giugno è diventato il primo arbitro di una Nazione di Tier 2 chiamato a dirigere una nazionale di prima fascia, Galles-Canada.

In questa chiave l’arbitro georgiano sarà probabilmente chiamato a fischiare anche a Francia 2023. Il Sei Nazioni può essere per lui un ottimo banco di prova. Quanto dobbiamo andare indietro nel tempo per capire che sugli arbitri bisognava lavorare e puntare per avere riconoscimenti e soddisfazioni internazionali? Forse adesso le cose stanno cambiando, ma ci sono parecchi peccati del passato da espiare.

Last but not least, la considerazione probabilmente più odiosa: un arbitro esordiente spesso è chiamato a dirigere l’Italia. Perché? Perché il match di Dublino, lo diciamo con il magone, pone pochi quesiti in chiave di incertezza (magari li ponesse…). E gli irlandesi sicuramente non avranno di che preoccuparsi del fatto che la partita è stata assegnata a un arbitro esordiente. Sicuramente ad Amashukeli non avrebbero dato né Inghilterra-Galles, né Francia-Irlanda o altre partite di quella intensità e natura. Gli italiani invece non posso arbitrare l’Italia. E questa è una considerazione elementare. Così avrebbe detto Sherlock Holmes a Watson.

Abbiamo preso un bel cazzotto, che ci serva di lezione.

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