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Alla fine Conor O’Shea è sbottato e ha chiesto che tutti si mettano in tasca il proprio ego e pongano al centro del discorso la Nazionale. Perché è solo attraverso di essa che il rugby italiano può sopravvivere alla sfida del rugby internazionale. “La medicina è amara – ha detto il coach azzurro -, e va bevuta fino in fondo. All’estero il professionismo ha significato il ridimensionamento e talvolta la scomparsa di club storici. È dura, ma è l’unico modo per crescere. Dobbiamo lavorare tutti per lo stesso obiettivo”.

Giusto, ma nello specifico a cosa si riferisce O’Shea?  Quali sono gli “ego” da mettere da parte, quale è la medicina da prendere? E soprattutto quali sono le cose che ha chiesto e non gli sono state date?

Perché è qui che si gioca la partita di oggi e del domani.

L’oggi dice che l’Italia, in questa stagione,  ha preso 26 mete, tre soltanto in meno rispetto a un anno fa, il peggiore dall’inizio del Sei Nazioni. E che la differenza tra i punti fatti e quelli subiti (- 151) è la più alta da quando siamo entrati nel torneo. In due partite su cinque gli Azzurri non hanno messo a segno nemmeno un punto nei secondi 40 minuti, e in una terza (contro la Scozia) zero in tutto il match.

Rispetto al passato l’Italia ha modificato il modo di difendere, ma la mancanza di aggressività sui punti di contatto (di cui la famosa FOX di Twickenham è stata l’espressione massima) ha tolto agli Azzurri uno dei pochi punti fermi del passato, il che ha costretto la squadra a un numero enorme di placcaggi, molti dei quali sotto attacchi di crescente ritmo e intensità. Il risultato è una media di successo nel placcaggio di poco superiore all’80%, quando quella delle altre squadre sfiora il 90% o giù di lì.

Venter è un genio della difesa, e il gioco dell’Italia ruota intorno alle sue scelte, ma la realtà italiana è in grado di assorbire quelle idee, a maggior ragione visto che si tratta di un consulente che lavora “part time” e non ha i giocatori sotto controllo ogni settimana?

Sicuramente le prime risposte alle domande di O’Shea devono venire dalle franchigie: la situazione delle Zebre, la crisi in cui la squadra e la società versano da tempo, sono sotto gli occhi di tutti. CO’S forse conosceva in modo approssimativo la situazione, ma non pensava che dieci mesi dopo il suo approdo in Italia metà dei suoi giocatori si sarebbero trovati ancora in uno stato di totale incertezza riguardo al loro futuro, in un club dallo staff ridotto ai minimi termini e senza un piano per il domani.

Questo è sicuramente il primo punto all’ordine del giorno: dotare le Zebre di un staff all’altezza delle sfide, per qualità e numero di soggetti coinvolti.

Presto O’Shea sarà affiancato anche da un preparatore atletico britannico, il quale si occuperà contemporaneamente anche di Zebre e Treviso

Il secondo punto riguarda probabilmente l’organizzazione della filiera. Il Sei Nazioni ha messo in mostra gravi carenze in molti ruoli. Per riempire le caselle mancanti è necessario programmare rapidamente quali giovani andranno a Treviso e quali alle Zebre, con quali prospettive e possibilità di investimento sulle loro carriere.

La scelta di mandare alcuni atleti direttamente dall’accademia alle franchigie potrebbe impoverire ulteriormente l’Eccellenza (è qui che O’Shea parlava di mettere da parte gli ego?), ma probabilmente è una scelta obbligata se si vuole competere a certi livelli.

Rimettere i club al centro del progetto è possibile solo in chiave di reclutamento e formazione primaria: con la riduzione dei centri U16 e di quelli di formazione permanente U18 molti giocatori torneranno a vivere la realtà delle rispettive società. Nelle quali serviranno strutture all’altezza e tecnici di qualità. A questi dovrebbero essere finalizzati gli investimenti e gli eventuali contributi federali del futuro. I giocatori più bravi viceversa dovranno andare direttamente nelle accademie (Treviso e Zebre), estese fino agli U21.

Sulla cosa alla fine non dovrebbe essere difficile trovare un accordo generale, anche se qualche discussione potrebbe nascere di volta in volta su questo o quel nome di giocatore.

 

Per il vertice di questa piramide O’Shea chiede gli allenatori migliori, le risorse necessarie, chiarezza di obiettivi e rapidità di scelte. Le avrà? I tagli annunciati dovranno avere un ‘unica finalità: reperire risorse da investire sull’alto livello. Forse il messaggio dell’allenatore della Nazionale servirà a preparare il terreno a chi dovrà prescrivere la medicina amara e Alfredo Gavazzi sa che il tempo stringe e che da lui dipendono molte delle scelte in questione. Ma l’impressione e che gli snodi siano tanti e più complicati del previsto. E che le soluzioni non siano tutte a portata di mano.

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