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Javier Bardem in tribuna allo Stade de France per All Blacks-Argentina. Niente di strano: ama il rugby, lo ha giocato, terza linea e pilone nelle giovanili spagnole. Sua una frase memorabile, pronunciata quando ebbe l’Oscar (attore non protagonista anche se la trama gira tutta attorno a lui, Shigur, killer psicopatico) per “Non è un paese per vecchi”: “Avrei voluto diventare un giocatore di rugby ma ho capito che era come se un neozelandese avesse voluto fare il torero”.

L’occhio della telecamera spazia, regala immagini delle belle fans sudafricane e, sino al turno precedente, di esuberanti gallesi. Dona anche il nuovo peso, le nuove dimensioni di vecchi fusti che quel buonanima di Paolino Rosi avrebbe definito leggermente appesantiti. Ora non si può più dire ma Serge Blanco è un Serge Blanco alla seconda e Henry Tuilagi, capostipite di una sterminata famiglia, sembra un dugongo, quel sirenide che vene cacciato nelle lagune sudamericane per l’eccellenza della carne.

Visti, nei posti privilegiati, i nuovi reali d’Inghilterra: Kate ha sempre il sorrisino benevolo e accondiscendente di chi è nata ed è stata allevata per salire e salire ancora. Adesso è vicina alla vetta: Charles e Camilla sono una vecchia coppia. Il piccolo George, primogenito dei principini, siede accanto a William, principe di Galles, e ha una simpatica faccia da schiaffi. Più da commoner che da futuro George VII.

Lo zoom non manca mai Gerald Davies, detto l’Arte in Movimento, con i suoi baffetti alla Adolphe Menjou: una fila avanti, Nigel Walker, nuovo Ceo del Galles dopo le scosse telluriche di un anno fa. Walker, semifinalista olimpico dei 110hs a Los Angeles ’84, è uno dei tanti anelli di congiunzione tra atletica e rugby o viceversa: 17 apparizioni con la maglia delle Tre Piume e 12 mete. Scuro di pelle come Colin Jackson, uno dei campioni più grandi prodotti del Principato.

Tra i più inquadrati: Agustin Pichot, con quel volto da vecchio monello sempre un po’ incazzato; Bill Beaumont detto Bull Dog, Richie McCaw che al contrario dei già citati, sembra essersi un po’ asciugato, Dan Carter e Conrad Smith, geni ispiratori degli All Blacks, Tana Umaga, faccia da rugby come poche.

Un paio di annotazioni volanti: Richie Mounga, con o senza apostrofo in mezzo, nel match contro i Pumas ha compiuto un gesto da egoista, bastava allungasse la palla a Will Jordan che sarebbe arrivato a 9 mete al Mondiale scavalcando Lomu, Habana e Julian Savea. Will, 31 mete in 30 partite, ha a disposizione ancora una partita per centrare il record.

Per la prima volta tre fratelli – Beauden, Jordie e Scott Barrett – giocano una finale mondiale. Record precedente, Fritz e Ottmar Walter, Bobby e Jacky Charlton e Alan e Gary Whetton, che nel ’54, nel ’66 e nell’87 vinsero il titolo con la palla tonda (i primi quattro) e con quella ovale.

 

Nella foto di Michael Steele – World Rugby/World Rugby via Getty Images – il Principe di Galles, a sinistra,, e  Sir Bill Beaumont , presidente di  World Rugby,

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