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Pro e contro della trasferta a Dublino

Italia battuta 33-17, cinque mete a due.
La buona notizia è che…l’Irlanda non è nel nostro girone, e che a meno di sorprese clamorose non dovremo affrontarla fino al prossimo mese di febbraio.
La potenza della formazione di Farrell in questo momento non è alla nostra portata e il prezzo della sfida ai verdi per gli Azzurri è sempre molto salato
Questo nonostante l’Irlanda si sia presentata all’Aviva Stadium priva dei piloni Porter e Bealham, dei tallonatori Kelleher e Sheehan, della seconda linea James Ryan, di Peter O’Mahony, del mediano di mischia Gibson-Park, di Sexton, Aki, Ringrose, delle ali Hansen e Lowe, dell’estremo Keenan, del giocatore dell’anno 2022, Josh van der Flier, solo per citare i più noti. Furlong e Beirne sono entrati nella ripresa.
Nell’ultimo confronto, prima di questo match estivo, a fare le spese della ferocia irlandese fu Ange Capuozzo che da quel giorno ha disputato solo 13 minuti con la maglia del Tolosa.
Stavolta a uscire malconci dal campo sono stati Riccioni e Menoncello. L’infortunio al pilone dei Saracens, riduce ulteriormente le opzioni in prima linea, quello del trequarti del Benetton rischia di privare l’attacco di un atleta che a Dublino si è confermato in assoluto uno dei migliori giocatori a disposizione dell’Italia.
La squadra di Crowley nel primo tempo è stata messa in notevole difficoltà dalla pressione irlandese, sia sui punti d’incontro che in alcune fasi di conquista. La difesa coraggiosa degli Azzurri e alcuni inusuali errori di gestione dei verdi hanno limitato a soli 18 punti (21-3) il passivo all’intervallo, nonostante i padroni di casa abbiano goduto di un possesso del 66% e di una superiorità territoriale del 76%. Due delle tre mete dell’Irlanda sono state realizzate con l’Italia in inferiorità numerica (giallo a Fiachetti).
Nella ripresa, Varney, molto in difficoltà nel primo tempo davanti all’aggressività degli avversari (meta di Mc Closkey) è stato sostituito da Fusco, la cui gestione del gioco ha dato un po’ più di velocità alle azioni dell’Italia.
Nel complesso, nei secondi quaranta minuti, tutta la squadra ha dato l’impressione di muoversi con più convinzione. Ne sono scaturite le mete di Pani e di Menoncello.
Il primo, entrato dopo una ventina di minuti al posto di Odogwu, ha confermato di poter occupare una casella, se non nella formazione titolare, certamente nei 23 della lista gara anche per le partite più importanti.
Menoncello è stato eccellente in difesa (15 placcaggi, un errore) ed efficace in attacco, con l’assist per la meta di Pani e la marcatura personale. Se la gravità dell’infortunio dovesse essere confermata, il suo sarebbe un forfait molto pesante, dopo quello di Padovani e l’incerto, al momento, stato di forma di Capuozzo.
Di Odogwu, in venti minuti, si è visto pochino, qualche errore in difesa nessuna occasione di mettere in moto la sua velocità in attacco.
Discreto invece il contributo di Lamb in seconda linea sebbene non tale da mettere in discussione con una sola partita gerarchie e posizioni consolidate finora.
Bene la difesa da drive (una meta su quattro tentativi irlandesi da touche), bene la difesa a terra (16 turnover conquistati) soprattutto nella ripresa, zero avanzamento invece da drive in attacco ed inferiorità netta nel gioco aereo che resta uno dei talloni d’Achille della squadra.
Romania e Giappone aiuteranno a mettere a punto la sintonia fine.
Ma per confrontarsi con i pesi massimi, soprattutto sul piano fisico, c’è ancora molto da pedalare.
Nella foto, Tommaso Menoncello placcato da Crowley. Dietro, Alessandro Fusco. (foto Charles McQuillan/Getty Images)

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