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Mario Diani dalla Nuova Zelanda

E così la RWC 2021 è finalmente cominciata, un anno più tardi del previsto e dopo vari incidenti di percorso (alcuni inflitti dal covid, altri da World Rugby, come il farsesco torneo di ripescaggio a Dubai del febbraio scorso). Le due prime giornate non hanno certo deluso, ricche come sono state di passione agonistica e di brillantezza tecnica (anche se non sempre e non in maniera consistente per tutte le squadre).

Nel complesso l’esito delle sei partite ha rispettato le previsioni. Quattro di esse (Francia v Sudafrica, Inghilterra v Fiji, Nuova Zelanda v Australia e Canada v Giappone) son finite, come ci si aspettava, con ampi scarti. Il modo in cui ci si è arrivati, tuttavia, non è stato per niente scontato. Soltanto Canada v Giappone ha avuto l’andamento atteso: le canadesi hanno imposto immediatamente la propria prestanza fisica e la maggiore organizzazione di gioco, chiudendo la pratica con cinque mete nel primo tempo ed aggiungendone un altro paio in un soporifero secondo tempo per il 41-5 finale. Il Giappone non è riuscito a contenere la rolling maul canadese e in attacco si è limitato (senza gran successo peraltro) a cercare di sorprendere le avversarie giocando al piede e con grande rapidità le punizioni accordate da Joy Neville.

L’andamento delle altre partite invece è stato tutt’altro che lineare. In particolare, al 30’ del primo tempo il tabellino di Eden Park diceva Australia 17 – Nuova Zelanda 0, e la vittoria alla fine larga (41-17) delle Black Ferns si è concretizzata soltanto nella ripresa, soprattutto grazie all’estro offensivo di Portia Woodman e Ruby Tui (cinque mete tra loro due). Punto di svolta al 57’: dopo un facile calcio fallito dall’Australia sul 17 pari, l’azione successiva ha visto un doppio cartellino giallo alle Wallaroos che ha permesso alle padrone di casa di prendere il largo.

Sorprese anche in Francia v Sudafrica, match in cui le transalpine, partite forte (tre mete e 19-0 al 17’), si sono poi spente, lasciando l’iniziativa (peraltro largamente sterile) alle Springboks e soffrendo in maniera preoccupante in mischia chiusa – un’area che avrà bisogno di sostanziali miglioramenti in vista dell’incontro con l’Inghilterra di sabato 15. Soltanto nel finale altre tre mete hanno riportato lo scarto (40-5) su livelli comparabili a quelli dell’autunno scorso (finì 46-3, ma con un dominio francese molto più marcato).

Persino l’Inghilterra ha avuto momenti di sofferenza contro Fiji nonostante il punteggio finale (84-19). Nel primo tempo la fisicità delle figiane e la loro capacità di usare le occasioni in broken play ha portato a due mete di gran qualità per il 24-14 parziale. Dopodiché le inglesi hanno dilagato, ma Fiji non ha mai smesso di lottare, segnando ancora allo scadere. Lo scontro con le Springboks si prospetta di grande interesse in vista di una possibile qualificazione come migliore terza.

Le partite che avrebbero dovuto essere più equilibrate (Italia v USA e Galles v Scozia) hanno invece rispettato il pronostico. Nello scontro con il Galles la Scozia ha dato la sensazione di poter ripetere l’impresa di Parma lo scorso settembre contro l’Irlanda: sotto all’intervallo, ha recuperato marcando la meta del 15-15 allo scadere, approfittando anche dei due cartellini gialli comminati da Clara Munarini alle gallesi. Purtroppo però una giornata nera al piede di Helen Nelson (0/5, compresi due calci di fronte ai pali) ha impedito alle scozzesi di arrivare al finale avanti nel punteggio. La determinazione gallese ha così permesso, prima, di recuperare il pallone dopo la ripresa del gioco, e poi di conquistare un calcio con cui all’84’ la riserva Bevan ha fissato il risultato sul 18-15 (utile per noi, in chiave qualificazione, il mancato bonus da parte del Galles).

Infine, non ci poteva essere esordio migliore per l’Italia (non fosse per l’infortunio ad Ilaria Arrighetti). La vittoria con punto di bonus rende assai più vicino l’obiettivo minimo di qualificazione come una delle due migliori terze; ma soprattutto suggerisce una confidenza nei propri mezzi che fa sperare in un piazzamento assai migliore. Ha impressionato come la squadra abbia gradualmente ripreso il controllo della partita dopo la marcatura iniziale degli USA e un lungo periodo di predominio territoriale delle americane che dipendeva largamente da errori di handling e nella gestione al piede da parte delle nostre. Notevole anche la risposta dopo il cartellino giallo alla Ostuni-Minuzzi e la seconda meta americana, marcando con Muzzo in inferiorità numerica. Tra i punti di forza ancora una volta la difesa, compresa quella sulla driving maul americana, e il controllo della rimessa laterale (nonostante l’assenza di Giordana Duca, bloccata alla vigilia da un problema muscolare). Più complicata la situazione in mischia, dove la potenza fisica delle americane si è fatta sentire (anche se non sempre in maniera corretta, tant’è che quando, dopo averci sanzionato un paio di volte nel corso del primo tempo, l’arbitro Davidson si è spostata dall’altro lato della mischia, ha penalizzato anche il pilone sinistro delle americane). Altro elemento positivo la brillantezza del gioco dei tre-quarti che aveva caratterizzato il torneo di qualificazione di Parma e si era un po’ persa nel Sei Nazioni (tutte le mete sono state segnate dal triangolo allargato).

Una notazione interessante: il calcio piazzato da Snowsill del Galles al 13’ dell’ultimo incontro del fine settimana è stato il primo riuscito (ed il secondo tentato) sull’arco delle sei partite. Negli altri cinque incontri le punizioni piazzabili sono sempre state calciate in touche, con la sola eccezione già menzionata dell’Australia. C’è da dire che il vento forte ha disturbato notevolmente le calciatrici, tant’è vero che due giocatrici molto affidabili come le inglesi Scarratt e Harrison hanno realizzato soltanto il 50% delle 14 trasformazioni tentate. Michela Sillari sarebbe anche lei arrivata al 50% non avesse colpito un palo. Ha invece finito con un 1 su 4 inusuale per lei, calciando però la trasformazione (difficilissima ed importante) della meta di Ostuni-Minuzzi che ci ha dato il vantaggio alla fine del primo tempo.

Nella foto, di Fiona Goodall (Getty Imnages) il break di Maria Magatti per la lunga corsa verso la meta. Accanto a lei, Vittoria Ostuni-Minuzzi, autrice della prima meta azzurra, e l’apertura Veronica Madia.

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