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Uno studio della HSBC – uno dei più grandi gruppi bancari del mondo, sede nei Docksland di Londra – ha confermato quel che anche il più ingenuo e romantico dei suiveur ovali sospettava da tempo: a Rio il Seven olimpico – con ritorno nell’ambito dei Giochi a quasi un secolo da Parigi 1924, se pure con diverso formato – sarà un successo, o meglio, sarà un’esplosione, la conferma che il rugby non è più chiuso dentro i vecchi recinti, ma si è trasformato in un fenomeno globale che investe i cinque continenti e i due sessi. L’ultima novità è che la Cina ha stanziato i fondi per una squadra femminile professionista.
Bernard Lapasset, presidente che ha appena dato l’addio dal vertice di world Rugby, ha avuto la visione; Bill Beaumont, presidente che ha appena assaggiato il trono, continuerà su questa strada e gli investimenti cammineranno di pari passo, scandendo un continuo incremento: da quando il gioco a 7 è diventato sport olimpico, l’impegno finanziario dei paesi che hanno creduto al fenomeno ha superato i 20 milioni di sterline, oltre 25 milioni di euro.
Il Seven è rapido, divertente, non implica, da parte del pubblico, profonde conoscenze delle regole del gioco e sta provocando la nascita di squadre tempestate di stelle che, per la due giorni di Rio, fanno prevedere il tutto esaurito e l’entusiasmo sia di chi andrà che di chi guarderà in tv. Non sarebbe male che anche in Italia qualcuno si accorgesse che qualcosa di nuovo sta nascendo. Anzi, è già nato.
G. Cim.

Un momento di un match fra Sudafrica e Nuova Zelanda durante un torneo seven a Dubai, lo scorso aprile (Karim Sahib/Getty Images)

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