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A Leicester si respira aria di festa. Per una volta però non sono le Tigri del rugby a tenere alti i colori della città, ma le volpi del calcio. In basi ai risultati acquisiti nella Champions Cup, i Tigers si erano aggiudicati il diritto di scegliere la sede “neutra” per questa semifinale. In passato, avevano già optato per lo stadio di calcio del Leicester City, ma vista la straordinaria stagione dei cugini pallonari ai Tigers non è rimasto che emigrare a Nottingham. In fondo, solo una trentina di miglia a nord, meno di un’ora in macchina via la M1, traffico e lavori in corso permettendo.
Vista la prossimità era lecito aspettarsi il tutto esaurito, ma al City Ground di Nottingham, storico impianto che dal 1898 ha vissuto fasti europei e tanti anni di magra, ben ottomila ottomila poltroncine su trenta mila sono rimaste vuote. Improbabile che il pubblico sia rimasto lontano a causa del freddo e del grigiore: queste sono le Midlands, la gente ci è abituata.
Più rotondo che ovale
Rispetto all’edizione precedente, gli spettatori paganti per le due semifinali sono calati notevolmente. Quest’anno le due semifinali in Inghilterra hanno attirato circa 39 mila tifosi. L’anno scorso in Francia erano circa 76 mila. Più che un calo, un collasso – e qualcuno alla EPCR ci dovrà fare un pensierino. E’ vero che mancavano le squadre irlandesi (l’anno scorso il Leinster perse contro il Toulon), che si portano sempre dietro una folta schiera di sostenitori.
Per la partita di Nottingham, forse ha influito di più la concomitanza con la partita di calcio del Leicester City. Il secondo tempo del rugby coincideva con il primo del calcio. Per una quarantina di minuti, Leicester è stata il centro dell’attenzione di tutta l’Inghilterra. Allo stadio di Nottingham c’era chi si collegava con una radiolina, chi gettava frequenti sguardi sul telefonino. I colleghi del quotidiano Leicester Mercury addirittura seguivano la partita di calcio in diretta sul tablet.
Molti poi saranno rimasti a casa o nei pubs a seguire la partita allo schermo. Leicester è una città fiera delle radici sportive e in tanti seguono più di uno sport. Nel 1996 il consiglio comunale presentò richiesta al parlamento per l’attribuzione alla città del titolo ufficiale di “Capitale Sportiva del Regno Unito” come riconoscimento per la conquista contemporanea dei successi nel rugby (Premiership), nel calcio (League Cup) e nel cricket (County Championship). Il permesso venne negato, ciononostante la città fece erigere in pieno centro una statua per commemorare le tre squadre. Cosa faranno se il Leicester City dovesse vincere la Premiership?
Teoria e pratica
I Leicester Tigers sono in corsa per la Premiership ovale e la matematica dice che una vittoria casalinga contro il Worcester, terz’ultimo ma già salvo, basterebbe per staccare il passaggio ai play-offs. Ma in ogni caso per dare sostanza alle ambizioni, ci vorrà una prova diversa da quella di Nottingham.
“Emmenez-nous a Lyon”, recitava allo stadio lo striscione dei supporters francesi. Il Racing ha raccolto l’invito e una volta rientrato a Parigi con l’ Eurostar, salirà sul TGV fino a Lione per la finale del 14 maggio. Il Racing viene definito ‘eclettico’ per il passato colorito, ma oggi lo è anche per la lista di campioni di ogni continente che ne vestono la maglia che, come affermava il coach Laurent Tabit a fine partita, rimane “una maglia importante per il rugby francese”. Quasi volesse mandare un messaggio cifrato a chi di dovere.
Un XV ben assortito, ma…
Il Racing non è una squadra di sprovveduti e dopo soli due minuti di gioco, Rokocoko si è involato in diagonale creando uno spazio enorme per propiziare la meta di Machenaud, quella che in effetti ha deciso il match. “Nei primi 10 minuti di partite così importanti, alcuni giocatori possono sentire l’emozione. Per questo abbiamo deciso di prenderli di mira subito”  ha spiegato l’ex All Black in conferenza stampa.
Di lì in poi, la partita si è indirizzata su una falsariga poco entusiasmante. Le velleità del Leicester, quando non si sono infrante sulla solida difesa parigina, sono state stroncate sul nascere dai numerosi, se non troppi, passaggi in avanti. Il campo era asciutto, non c’era vento, eppure i giocatori inglesi faticavano ad afferrare l’ovale. Spettacolo indegno per una partita che si prospettava di alto livello. “Incomprensibile e atipica nonché frustrante”: questa invece la descrizione dello staff e dei giocatori nel dopo partita. Nessuno o pochi lampi di genio. L’apertura Freddie Burns ha provato qualche incursione corsara,  ma meno elegante del suo omologo Dan Carter, si è dovuto presto rendere conto dell’impotenza dei suoi. E in chiusura di primo tempo ha dovuto lasciare zoppicante il terreno di gioco. L’unico a tenere in apprensione gli avversari è stato il numero 8 Opeti Fonua, con i suoi placcaggi da chirurgo, ma palla in mano anche lui ha offerto poco o nulla. Che non si sarebbe assistito al confronto fratricida tra Ghiraldini e Castrogiovanni lo si sapeva già prima. Deluso invece chi si aspettava di vedere Manu Tuilagi in azione, una presenza anonima la sua (si è messo in luce, ma solo per i passaggi sbagliati).
Ora la cittadina di Leicester segue assiduamente ambedue gli sport rugby e calcio, non importa. Pur che arrivi un trofeo.

(Danny Arati)

Nella foto di David Rogers/Getty Images, la delusione dei Tigers a fine match e, sulle tribune, i molti posti rimasti vuoti.

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