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Al presidente Lega Italiana Rugby

Giulio Arletti

 

Ai presidenti

Alessandro Banzato

Stefano Cantoni

Augusto Fantelli

Enrico Grassi

Guido Pattarini

Francesco Zambelli

 

Ho preso atto che la battaglia di qualcuno sul mio nome è diventato l’alibi per tenere ostaggio la Lega e tolgo il mio nome per sgombrare il campo.

Il presidente Arletti, che, come tutti gli imprenditori, sono orientati alle decisioni e restii alla politica, non è d’accordo perché conosce bene tutto il lavoro svolto per costruire il tavolo della Lega, per realizzare il sito mettendo insieme un gruppo di persone con grande conoscenza e passione per il campionato. Tutto a budget pressoché zero, ma ritengo che si debba uscire dall’impasse che rischia di vanificare anche gli impegni che la governance politica di FIR ha mantenuto riconoscendo formalmente la Lega e accettando ogni richiesta che è stata avanzata.

Se il mio nome è l’ostacolo per non fare dopo che in sei mesi sono state rimesse le produzioni video e il TMO, è stata riconosciuta formalmente la Lega, è stata autorizzata la cessione dei diritti del campionato a una piattaforma OTT per le quattro partite non trasmesse in RAI, prendo atto che il mio nome è divisivo e dico chiaramente: il mio nome non è più sul tavolo.

Il mio curriculum sportivo e dirigenziale, i miei quarant’anni di esperienza nel rugby e l’impegno che ho messo negli ultimi diciotto mesi gratuitamente – lo ribadisco non per una questione rivendicativa ma perché dà il senso di quanto credo nel progetto Lega – meritano rispetto. Non sarò perfetto, chi lo è…, ma è abbastanza sgradevole che gli ultimi arrivati, persone che avranno lauree e competenze in altri campi, ma che del nostro mondo non sanno nulla o quasi, si permettano di dire che non sono la persona adatta a confrontarmi con la FIR sugli aspetti tecnici per l’organizzazione e lo sviluppo del massimo campionato italiano, e che pretendano di fare la voce grossa.

Io non mi permetterei mai di dire che certi dirigenti non hanno capacità professionali nei loro ambiti, qualcuno invece pensa di possedere la patente di tuttologo.

In realtà penso che la mia persona sia solo un espediente per colpire il presidente della Lega. Forse anche lo stesso progetto di Lega.

Infatti, non sono stupito. Non è la prima volta che la Lega si blocca. È successo sei anni fa, lo sa bene l’avvocato Biagini che aveva scritto una bozza di statuto, lo sa bene l’ex presidente delle Fiamme Oro, Armando Forgione, che ancora prima convocò a Bologna tutti i presidenti dell’allora Eccellenza con diversi consulenti altamente specializzati per costruire la Lega.

Ogni volta sembrava di essere a un passo dalla meta, poi non succedeva. Alla riunione decisiva c’era qualcuno che, in apparenza inspiegabilmente, poneva l’out out su questioni formali, cavilli burocratici, che avevano un unico obiettivo: affondare il progetto. Niente Lega, meglio un campionato debole, da dilettanti perché a detta di qualcuno la formazione e l’alto livello non sono cosa di club.

Spero che oggi la direzione sia cambiata. Non posso saperlo perché l’immobilismo in cui è finita la Lega impedisce di scoprire le carte.   Diciamo che segnali concreti in una diversa direzione, al momento, non ci sono. Ma da oggi non è più un problema mio.   Anzi, io spero che tolto me dal campo, il lavoro per la valorizzazione del campionato riprenda alla grande perché voglio continuare a credere che un campionato di club che lavorano nella stessa direzione, per una maggiore attrattività, con più strutture e più visibilità, possa essere uno spot per il rugby italiano, e quindi sia un traino per la crescita del movimento.

Grazie per il pezzo di strada fatto assieme!

In fede

Roberto Manghi

 

Parma, 5 maggio 2025

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