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Lo scenario surreale di Italia-Georgia Under 20 a Calvisano lo avete già visto in tv e ne avete letto i resoconti quindi ne approfitto solo per evidenziare una deriva che sta diventando sempre più farsesca o direttamente furfantesca in tutto il rugby, soprattutto in quello di Alto Livello. Di ipocrisia in ipocrisia, sull’altare della salute dei giocatori si è cominciato a usare in maniera spudorata e spregiudicata la catalogazione dei giocatori di prima linea (in sé sacrosanta) per alimentare un viavai assurdo tra campo e panchina, un andirivieni in pieno conflitto sul derelitto e martoriato spirito del gioco.

Mischia tra Italia U20 e Nuova Zelanda (foto Stefano Delfrate)

I numeri 1, 2 e 3 e le loro riserve sono diventati in pratica dei jolly da togliere e mettere e poi ancora togliere e rimettere secondo esigenze tattiche studiate a tavolino ben oltre la voglia o la necessità di rimpiazzare un giocatore stanco o infortunato con uno fresco o sano. L’esempio più lineare e meschino: mandi in campo il pilone più bravo nel primo tempo, poi lo fai rifiatare per 20 minuti nella ripresa e poi lo rimetti dentro nella fase finale spesso decisiva per il risultato.

La sarabanda dei cartellini (ma quello insensato da 20 minuti, poi, c’è oppure no?) contribuisce a  questo andirivieni evidentemente tollerato forse anzi auspicato da World Rugby che, sempre in nome della salute dei giocatori, vuole squadre sempre alla pari quando in realtà si punta alla “continuità del gioco”, allo “spettacolo”, a non depotenziare una squadra che (orrore) ha incassato un rosso nei primi minuti di gioco. Insomma, tutte questioni indegne per chi ama questo sport e le sue origini. 

Se un giocatore va fuori, va fuori e stop, basta con queste resurrezioni. Se poi si resta senza giocatori di prima linea si faranno mischie no contest e pazienza. Se questa penuria di giocatori di prima linea è dovuta a cartellini gialli o rossi ciò vuol dire che la prossima volta si dovrà stare più attenti a come ci si comporta in campo ed ecco così veramente tutelata l’integrità dei giocatori. Se nelle prime fasi del match il capitano fa un’entrata pericolosa e volontaria sulla testa di un avversario bloccato in un raggruppamento è assai giusto che paghi tutta la squadra visto che ci troviamo nello sport principe dei giochi di squadra. Forse che gli spettatori chiederanno il rimborso del biglietto o dell’abbonamento alla pay tv? 

Mischia tra Samoa e Cile ai Mondiali del 2023: l’abitro Paul Williams indica un calcio di punizione a favore dei cileni (Photo by Adam Pretty – World Rugby/World Rugby via Getty Images)

Ah, che meraviglia, che inebriante sincerità sarebbe tornare a due cambi e solo per infortuni. Calerà il ritmo, ma quanto spazio in campo. Calerà il formato dei giocatori ed ecco di nuovo uno sport per tutti e con meno infortuni. 

Il rugby è sempre stato definito uno sport prima di tutto per i giocatori, ma che giocatori sono quelli cresciuti e allenati per giocare solo 20/30 minuti? Beh, certo, da poco più di una generazione sono giovani pagati e quindi va bene così, ma non mancano di certo le frustrazioni. 

E infine pensate anche al risparmio sui salari dei giocatori e degli staff, che oggi devono gestire almeno 45/50 giocatori. Costi che impediscono ai paesi emergenti di risalire il ranking, alla faccia dell’auspicato (a parole) sviluppo del movimento.

Non sono le mischie a essere no contest: di no contest c’è questo rugby.

Nella foto del titolo: una fase di Irlanda- Georgia al San Michele di Calvisano nella prima giornata del World Rugby U20 Championship (foto di Sabrina Conforti)

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