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Per un’interpretazione del rugby moderno, per un’esegesi e per un’analisi, forse per la formazione di una semantica, niente di meglio che, in quello che si trasforma in inevitabile gioco degli opposti, prendere in esame Rovigo Snipers versus Calvisano Longobards e Stormers-versus Waratahs che sul video domestico sabato 30 aprile sono venute una dopo l’altra, come nell’opera di un regista che ami offrire trame destrutturate, divergenti, in cui scovare un filo che possa avvicinarle.
Nei primi minuti di Snipers-Longobards non succede nulla, nei primi minuti di Stormers-Waratahs succede molto, ed è già sufficiente quella parentesi di match per creare delle categorie in cui vanno a confluire fisica, storia dell’arte, etica, futurologia.
La statica e la dinamica: sufficiente riavvolgere i nastri e contare il numero delle mischie. Tante a pochissime.
I motori immobili e i motori ruggenti che provocano movimenti rafficati, da quadro futurista, l’estetica di Botero (il futuro può passare anche attraverso un uso più oculato della bilancia?) e un’estetica muscolare che è fusione tra il neoclassico canoviano e la rivista di culturismo L’accettazione della fallacità e la ricerca di una sempre più vorticosa perfezione. Le prime conclusioni portano a una scelta che matura rimasticando il titolo di un libro che tutti quelli della mia generazione hanno letto e amato. Il risultato è “Seppellite il mio cuore al Battaglini”, non perchè risuoni di squilli di trombe come la Fortezza Bastiani, ma perché rimane piccolo teatro riservato a un repertorio molto umano, molto normale, a volte pachidermico.
Quel rugby, quel superugby tutto attaccato, porta diretti a un magnifico racconto, Acciaio. Parla di un futuro che assomiglia a un presente: la boxe per gli umani è stata abolita, la fanno magnifici automi che sudano, sanguinano e non sono mai stanchi.
G. Cim.

Juan de Jongh non passa fran le maglie della difesa aurstraliana (foto Carl Fourie/Getty Images)

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