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Tre sconfitte su tre per l’Italia nel tour appena concluso. Ma quello che resta, al di là dei risultati, è un senso di lento declino che nemmeno l’ottimismo di Conor O’Shea è riuscito ad arrestare. Il gioco latita, le individualità non emergono e la difesa fa acqua da tutte la parti.

Il gioco

Nelle ultime otto partite (Sei Nazioni e tour) gli Azzurri hanno realizzato 12 mete, poco più di una a partita, come il Galles (che però ha giocato un match in meno) e come la Francia. Nello stesso periodo (stesso numero di partite) la Scozia ne ha realizzate 25, l’Irlanda (sette partite) 35, l’Inghilterra 23 (anche gli inglesi hanno disputato sette partite).

Il problema vero è che nelle otto partite in questione gli Azzurri hanno bucato le difese avversarie solo 23 volte, contro i 74 “clean breaks” dei nostri avversari.

Secondo una statistica forse approssimativa, ma reale, l’Italia realizza circa una meta ogni due “buchi”, idem i nostri avversari contro di noi (73 breaks, 39 mete): la sostanza è che il nostro gioco crea troppo poche occasioni per segnare.

La difesa

E’ la difesa il vero problema dell’Italia, 39 mete al passivo in otto partite, quasi cinque a incontro. Se ne possono anche segnare dodici, come il Galles, ma allora bisogna avere una difesa ermetica: i gallesi nell’anno in corso (2017 – Sei Nazioni e tour) in sette partite hanno concesso in tutto nove mete. La Francia, che pure ne ha segnate solo 12, ne ha concesse 18. L’Inghilterra 15, come l’Irlanda, la Scozia 19. Noi siamo un colabrodo.

Contro l’Australia abbiamo avuto un tasso di successo nei placcaggi del 78%, contro le Fiji del 79%, dati decisamente insufficienti. Nel Sei Nazioni, contro la Francia ne avevamo mancati 53. Ma contro la Scozia, nonostante sia stato enfatizzato il 95% di placcaggi riusciti abbiamo concesso comunque cinque mete. C’è dunque qualcosa che non va nell’occupazione del campo e nel posizionamento della difesa.

Nick Mallett nelle sue ultime 20 partite sulla panchina dell’Italia aveva concesso 51 mete (media 2,5) a incontro) un dato che Brunel, nei primi 16 match del suo corso (2012 e 2013) era riuscito addirittura a migliorare (34 mete, media 2 a incontro). Poi le cose hanno comunicato a andare male: nelle successive 17 partite (parte del 2013 e 2014) gli Azzurri ne hanno subite 58 (3,5 a partita) e nell’ultimo terzo della gestione Brunel (altri 17 match) il totale delle mete al passivo è salito a 64 (3,8 a match). Con O’Shea e Venter l’Italia ne ha subite 56 in 14 incontri (4 a partita), e la media è ulteriormente peggiorata nelle ultime 8 sfide (quasi 5 a incontro).

Venter ora lavora con il Sudafrica che nelle ultime tre partite (tutte con la Francia) ha messo a segno dodici mete e ne ha subite quattro. C’è qualcosa che non quadra.

 

La disciplina

Contro la Scozia abbia concesso 17 calci di punizione, O’Shea se ne è molto lamentato. Ma contro le Fiji ne abbiamo concesso solo 5, a fronte del 16 dei nostri avversari (uno libero) e abbiamo perso lo stesso una partita che dovevamo almeno pareggiare. E contro l’Australia non abbiamo capitalizzato né il loro 9 falli (6 i nostri) e tantomeno il loro infinito numero di passaggi in avanti, dai quali sono scaturite le 14 mischie a nostro favore (tutte vinte). I Wallabies ne hanno avute 5 e ne hanno persa una. Pur con un possesso favorevole (10/10 in touche) l’Italia non è risuscita a vincere un match in cui gli australiani hanno concesso 19 turnover. Quando ci capiterà più un’occasione così?!

Bilancio

Segniamo poco, concediamo molto, non sappiamo cogliere le occasioni, commettiamo errori imperdonabili. Il finale contro le Fiji è stato un disastro di organizzazione, tecnica individuale e lucidità collettiva. Contro l’Australia, l giallo di Steyn è arrivato nel momento in cui i nostri avversari erano in 14 e noi, pur sotto di un punto, parevano lanciati verso il sorpasso.

Mischia e touche si sono riscattate negli ultimi due match, ma la verifica definitiva sarà contro avversari ben più solidi nelle fasi statiche (Argentina, Sudafrica, le avversarie del Sei Nazioni)

Il resto lascia molto a desiderare: da qui alla prossima estate difficilmente troveremo avversari che ci regaleranno tanti falli come le Fiji e tanti errori come l’Australia.

Pochi i giocatori che hanno lasciato un segno: Mbandà, Campagnaro, Simone Ferrari, nel complesso le prime linee, Padovani, il resto è stata ordinaria amministrazione e anche i giovani portati in tour sono stati usati pochissimo hanno avuto poche occasioni per brillare.

Difficile su queste basi ipotizzare il futuro di questa squadra. Servirebbero un’iniezione di fiducia e tanto entusiasmo in campo. A parte i nomi indicati chi ce li può regalare?

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