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Proviamo a spiegare in sette punti la sconfitta di sabato degli Azzurri contro Tonga (17-19)

  • La statistica: dei circa 25 test match disputati in autunno tra le nazionali maggiori (Tier1 e Tier2), nessuno è stato vinto da una squadra che abbia messo a segno meno di 19 punti. Senza il calcio di punizione finale, gli Azzurri si sarebbero imposti 17-16. Ma è bene sapere che sarebbe stata
    un’eccezione. Tonga e Scozia (contro l’Argentina, 19-16) sono le uniche ad aver vinto con meno di 20 punti. Una settimana fa scrivemmo, alla vigilia del match col Sudafrica che “chi ha venti a vinto”… : non eravamo molto lontani dalla verità, vincere ad alto livello è molto difficile se non si segnano almeno 20 punti
  • Nelle ultime venti partite solo una volta (ai Mondiali contro la Romania) l’Italia ha messo a segno più di due mete. Per arrivare ai fatidici 20 punti di cui sopra, gli Azzurri devono pertanto sfruttare ogni opportunità, esattamente come hanno fatto contro il Sudafrica. I tre calci di punizione spediti in touche, invece che provare a indirizzarli verso i pali, nel primo tempo, sono una lezione dura da digerire, ma importante, importantissima per il futuro.
  • L’esecuzione: Conor O’Shea ha puntato il dito contro l’efficacia della squadra nei frangenti decisivi del match: la fuga di Bronzini, con Van Schalkwyk che non riesce a catturare l’off load; il pallone che sfugge dalle mani di Gega su driving maul da touche, a un passo dalla meta avversaria; l’ostruzione che vanifica un’altra touche, sul finire del primo tempo, dopo che Canna ha scelto la rimessa laterale invece del calcio ai pali. E ancora, nel secondo tempo, il tuffo di Bisegni (nella foto), dopo aver messo un piede sulla linea bianca: il Tmo ha annullato la marcatura che sarebbe stata decisiva per la vittoria.
  • La disciplina: l’Italia ha concesso 11 calci di punizione (più uno di seconda) contro gli otto di Tonga. Ma gli Azzurri hanno subito anche 2 cartellini gialli, giocando di fatto venti minuti in inferiorità numerica. La disciplina che. la settimana prima, era stata il tallone d’Achille tongano contro gli Usa, è stata il miglior alleato dei nostri avversari all’Euganeo di Padova.
  • Il piano di gioco: il piano di gioco era lo stesso già visto contro gli All Blacks e il Sudafrica: tenere l’avversario nella propria metà campo, calciando lungo, e impedirne la risalita con una difesa aggressiva pronta a chiudere gli spazi al contrattacco. L’applicazione però è stata timida, perché spesso i tongani hanno evitato l’assalto all’arma bianca, limitandosi a rispedire la palla al mittente. Succedeva così che l’azzurro che riceveva il pallone aveva spesso molti metri di campo avanti a sé, uno spazio che il buon senso avrebbe voluto fosse coperto con una corsa a rimettere in gioco tutti i compagini davanti. Invece i nostri spesso si sono limitati al ping pong (38 calci di spostamento azzurri, 37 degli avversari). Alla fine la tattica ha premiato Tonga che ha avuto il 66% di possesso e altrettanto di territorio. I tongani hanno marcato una sola meta, ma si è giocato a lungo nella nostra metà campo dove l’indisciplina degli Azzurri ha premiato gli isolani.
  • La gestione dei 100 secondi finali: dopo aver recuperato il match con il piazzato di Padovani, sarebbe bastato mantenere il controllo della palla per i pochi istanti che mancavano alla conclusione del match. Invece McLean, che ha ricevuto il calcio d’invio, lo ha regalato subito ai tongani. Il fallo di Favaro ha fatto il resto. Sarebbe stato meglio impostare due o tre fasi e poi calciare il pallone lontano e fuori. Tonga avrebbe dovuto ripartire da una touche e forse i nostri avrebbero portato a casa, sia pure faticosamente il match.
  • Concentrazione e precisione: i tongani hanno impostato 120 ruck (il doppio rispetto all’Italia) con un tasso di successo del 95% e 5 maul (100%). Gli Azzurri sono stati meno efficaci (88% nelle ruck – 55 su 62 – e 77% nelle maul -10 su 13-) in più hanno concesso 13 turnover. Un calo di concentrazione rispetto al Sudafrica evidentemente c’è stato.

 

Conclusione: l’Italia ha giocato peggio rispetto al match con gli Springboks, ha mancato 20 placcaggi (tasso di successo dell’88%) e concesso troppi calci. I dettagli sono stati tutti contro di noi. Per vincere l’Italia deve essere sempre al 100%. Non eravamo fenomeni a Firenze, non siamo brocchi ora. Ma c’è tanto, tanto  da lavorare.

(Foto di Roberto Bregani/Fotosportit)

 

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