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Prima di sabato scorso l’Irlanda era la squadra favorita del torneo, l’unica capace nel 2016 di battere gli All Blacks e di fare “tripletta” nello stesso anno contro le grandi dell’emisfero sud, Nuova Zelanda, Sudafrica e Australia.

Ora quella che viene a Roma è un’Irlanda ferita dalla sconfitta con la Scozia, ma non in crisi.

Proviamo ad analizzare il match che aspetta gli Azzurri.

Dopo la sfida con il Galles, Conor O’Shea ha puntato il dito contro il diverso trattamento riservato dall’arbitro all’Italia, rispetto ai nostri avversari: 16 calci di punizione contro 5.

Attenzione però: contro la Scozia, l’Irlanda ne ha concessi soltanto sette, due nei minuti finali del match, e contro l’Australia, nell’ultimo match dell’autunno internazionale, i verdi ne avevano subiti meno ancora:  tre. Sono questi gli standard del rugby di alto livello. E quindi è inutile pensare che il neozelandese Glen Jackson, all’Olimpico, ce ne regali molti di più anche se l’anno scorso (Italia vs Inghilterra) punì più gli inglesi (15 calci di punizione, più uno libero) di noi (9).

Viceversa dobbiamo fare in modo di non subirne tanti quanti ne abbiamo subiti la scorsa settimana contro il Galles. Nella prima giornata JP Doyle ce ne ha fischiati 16, ma contro Tonga, a novembre, arbitro l’irlandese Lacey ne avevamo subiti 11 (più uno libero), mentre contro gli All Blacks (arbitro Nigel Owens) pur sottoposti a una pressione tremenda ne avevamo concessi solo 4 e contro il Sudafrica (Clancy) 10 (a 7). Insomma dobbiamo migliorare innanzitutto la disciplina: aiutati che dio ti aiuta.

Altro punto: contro la Scozia l’Irlanda ha mancato 9 placcaggi (su 161) con un tasso di successo del 94%.  L’Italia contro il Galles ne ha mancati 24 su 177 (successo del l’86%) anche qui dobbiamo migliorare qualcosa.

A Murrayfield gli irlandesi hanno avuto più possesso e più territorio e hanno impostato 160 ruck (successo del 97%). Gli azzurri contro il Galles ne hanno impostate 62, affidandosi invece al gioco al piede per uscire dalla propria zona critica.

Il tasso di successo di questa strategia (exit oltre i 40 metri) è stato però modesto, intorno al 20%. Attenzione: perché Kearney è un contrattaccante formidabile (oltre 100 metri di corsa con la palla contro la Scozia) e Zebo lo è altrettanto.

 

In sintesi, l’Italia deve migliorare la disciplina, l’efficacia nei placcaggi e la “exit strategy” quando pressata nei propri 22.

A Roma, gli irlandesi, in occasione delle ultime tre visite, hanno sempre avuto vita dura (successo 13-11 nel 2011, sconfitta 15-22 nel 2013, vittoria 26-3 nel 2015). Ai Mondiali (ottobre 2015) invece fini 16-9 e un anno fa (a Dublino) 58-15.

Il pronostico di quest’anno secondo noi è più vicino a quello del Sei Nazioni 2015 che a quelli delle stagioni precedenti: 28-12 per i verdi.

(foto Roberto Bregani – Fotosportit, Italia vs Irlanda RWC 2015)

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