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Una volta, quando il 6 Nazioni si strizzava nella taglia medio-piccola del Flaminio, veniva applicata una sorta di democrazia controllata: il migliore in campo (traduzione italiana di man of the match) veniva eletto da coloro che sedevano in tribuna stampa e che attorno, al 70’, scribacchiavano un nome su un foglio che veniva fatto passare scranno dopo scranno. La possibilità d brogli era palese, confortata dai risultati: a fronte di frequenti sconfitte dell’Italia, molto spesso il laureato era un azzurro.
Ora, in tempi di sempre più tumultuoso cambiamento, il prescelto viene nominato da un empireo televisivo dal quale noi, iloti di quell’espressione scritta destinata presto a sparire, siamo stati esclusi. Al d là di sarcasmi o, tantomeno, di povere polemiche, è giusto così. Chi paga, ha diritto di dire la sua, di imporla, di affermare che Ben Youngs è stato il migliore, anche se è uscito al 49’48” senza lasciare particolari tracce. Chi le ha lasciate (Billy Vunipola detto Ercolino Sempreinpiedi, 17 palloni portati e fatti avanzare, Jack Nowell 14 placcaggi) non è stato ritenuto degno del piccolo Oscar. Della pattuglia fa ovviamente parte Jonathan Joseph, che ha segnato tre mete, fatto non usuale in un test internazionale. Colto al volo dopo il fischio finale, JJ non ne ha fatto un dramma: “Non è importante”, ha detto esibendo uno di quei sorrisi che vogliono dire: “capita quando hai a che fare con chi ne capisce poco”. O magari è impegnato con un altro repertorio di gag.
G. Cim.

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