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Dopo mesi e mesi di illazioni e guai, le Zebre voltano pagina.  Ma adesso, per risolvere definitivamente la situazione, serve un colpo di teatro. Una scommessa ardita. Serve rompere la gabbia economica che insieme a una gestione scellerata ha tarpato le ali del club in questi ultimi anni. La Fir si accolla per intero la gestione del club, ma per tagliare la testa al toro di una vicenda finora deficitaria, a disposizione dell’attività sportiva della squadra servono nuovi soldi. Almeno 6 milioni di €, due in più rispetto a quelli che la Fir riconosce al Treviso. A qualcuno la cosa non piacerà, si solleveranno questioni di par condicio e il rischio è alto, ma di alternative non ce ne sono.

Se si vuole rivitalizzare un gruppo sfiancato da anni di traversie senza fine occorre un intervento speciale. Il Pro12 (ora Pro14) ci aspetta al varco. I quattro milioni di contributo versati in questi anni si sono rivaliti insufficienti. Rimanere legati a quella cifra vorrebbe dire partire con una palla al piede. Soprattutto perché lo staff di quest’anno (Bradley & co.) è più numeroso e verosimilmente costa più di quelli degli anni passati. E perché il piano sportivo non può prescindere da quello economico.

Insomma bisogna tagliare il nodo di Gordio di una gestione che nelle ultime stagioni ha strangolato ogni ambizione del club e alla fine la strada è una sola: dare a Andrea Dalledonne, chiamato a guardia dei conti, un budget sufficiente per rimettere in piedi la partita, rassicurare i giocatori sul loro futuro, lanciare uno squillo di tromba. Senza un robusto intervento economico tutto questo non si potrà fare.

E’ uno strappo alle regole, è chiaro, a Treviso la cosa potrà non far piacere, possiamo discutere se è meglio finanziare il vertice o la base, ma nessuno può contestare che al destino delle Zebre è legata nel breve periodo buona parte di quello del rugby azzurro. Treviso ha risorse private (gruppo Benetton e altri sponsor) che, aggiunte ai quatto milioni del contributo federale, hanno permesso al club, in questi anni, di tenere il mare e navigare con discreto orizzonte. La Zebre per riprendersi e reggere la concorrenza, senza sponsor significativi, senza un territorio che riconosca alla squadra un’appartenenza, hanno bisogno di un aiuto in più. E’ inutile nascondersi. Ora si riparte da zero, con una missione chiara: la franchigia è al 100% federale e deve preparare i giocatori per la Nazionale. Treviso può perseguire altre strade, come ha fatto negli anni passati, quando nonostante il robusto sostegno della Fir è arrivato ad ingaggiare anche dieci o dodici stranieri. E’ una questione di priorità e di scelte.

E’ chiaro che siamo difronte a una situazione di emergenza che un ciclo virtuoso e il tempo dovranno risanare. Ma è inutile impiccarsi a un discorso di forma, ignorando il fatto che dopo cinque anni le Zebre sono ancora “figlie di nessuno” e tali rimarranno, se non ci sarà un intervento deciso e straordinario. La loro attività sarà giudicata in base all’apporto che sapranno dare alla causa del rugby italiano, dai risultati e dalla crescita dei giocatori che vestiranno quella maglia.

Dovrà essere una gestione trasparente, condivisa dal movimento e votata alla crescita collettiva, mettendo da parte gelosie e campanili. Se funzionerà ci guadagnerà tutto il rugby italiano. Viceversa dovremo arrenderci all’evidenza dei fatti. E’ una scommessa importante e difficile e va presa come tale. Guai a sgarrare.

(foto di Roberto Bregani/Fotosportit)

 

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