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Con quel baffo folto e un po’ inclinato all’ingiù Giorgio Sbrocco avrebbe potuto essere Maigret. Non il Maigret più recente, interpretato in modo controverso da Rowan Atkinson, ma quello simpaticamente corpulento che aveva i lineamenti di Gino Cervi o di Michael Gambon.
Magari è stata quella somiglianza involontaria a spingere Giorgio a mettersi a scrivere, solo pochi anni fa, dei veri e propri gialli, il cui protagonista però non poteva che essere un poliziotto-rugbista, Sergio P.
Giocatore, allenatore, poi giornalista e scrittore Giorgio Sbrocco se n’è andato il giorno dopo Pasqua sconfitto da una malattia rapida e feroce come un drop da metà campo: lo vedi partire e puoi solo sperare che atterri lontano dai pali. Quando è in volo c’è poco da fare.
Campione d’Italia col Petrarca nel 1977, Giorgio aveva scandagliato del rugby tutti gli aspetti: quello agonistico, quello tecnico (insegnava all’università di Padova e Ferrara “Teoria, tecnica e didattica del gioco del rugby”), ma anche quello organizzativo e di comunicazione.
Parlava del rugby in modo semplice e senza pregiudizi, lo capiva e lo raccontava col giusto affetto per il gioco avendone condiviso i piaceri e le delusioni. Le sue osservazioni non erano mai banali, né inutilmente cattive. Era analitico e bonario, ma non per questo si lasciava trascinare dal tifo o dall’emozione.
Anche i suoi romanzi erano pieni di simpatica ironia sulla vita del campo, i riti dello spogliatoio, le piccole debolezze dei giocatori delle serie minori, dei quali raccontava con colpi di pennello mirabili le avventure e le interminabili serie di bugie che compongono le carriere di chi avrebbe potuto, ma non è stato.
Di Giorgio abbiamo ospitato volentieri articoli, pensieri e opinioni su Allrugby e con lui abbiamo condiviso simpatiche serate nelle quali presentava i suoi libri cercando una spalla che ne contenesse le narrazioni: la spalla in realtà non gli serviva perché la sua capacità di racconto in pubblico era ancora più coinvolgente di quella messa per iscritto. Sapeva quando affidarsi a un aneddoto senza annoiare, divertiva senza mai offendere. Era un amico generoso e un piacere starlo ad ascoltare.
Ci mancherà e mancherà a tutti quello che lo hanno conosciuto e letto. Ti sia lieve la terra caro Giorgio. Hai passato la palla in modo elegante e perfetto. Chissà se saremo capaci di farne un buon uso. Se ci cade, sappiamo che non t’incazzerai. Perdonaci, facci riprovare.

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