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Qualcuno dice che il (5) 6 Nazioni sia una nobile anticaglia, sia per il pozzo profondo in cui possono essere pescati ricordi, glorie, miti e leggende, sia per la formula, sia per il sistema del punteggio che continua ad attribuire due punti per la vittoria, uno per il pareggio, zero per la sconfitta, senza influenze di sapore oceanico che, come noto, prevedono quattro punti per chi ha la meglio più bonus offensivi e difensivi da assegnare a chi segna molto o incassa poco. Per gli amanti delle norme down under e applicate ormai anche in Europa, Torneo a parte, la classifica virtuale dopo due turni è: Inghilterra 9, Francia 8, Galles 6, Irlanda 3, Scozia 2, Italia 1.
Tra le idee riformiste espresse nelle ultime stagioni (retrocessione, promozione, playoff tra l’ultima del 6 Nazioni A e la prima del 6 Nazioni B) giunge ora la proposta di uno dei candidati alla presidenza della FFR: partite di andata e ritorno.
Inutile sottolineare che, oltre a turbare la scansione classica (per l’Italia l’anno dispari equivale alle visite a Twickenham e a Murrayfield, per la Scozia quello pari prevede la Calcutta esposta a Edimburgo, e così via), il progetto contribuirebbe a intasare un calendario che, anno dopo anno, si avvicina allo scenario della metropolitana di Tokyo nelle ore di punta e di un grosso ospedale specializzato in traumatologia.
Assurdo, impraticabile? In uno sport governato dai diritti tv, tutto è possibile.  Chi è abbastanza vecchio può ricordare che la fase finale dell’Europeo di calcio era a 4 squadre e quella della Coppa del Mondo a 16.
Ora sono 24 e 32 e qualcuno ha proposto di salire a 40. Almeno in questo senso il rugby non corre simili pericoli.
G. Cim.

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