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Sconsolato. Il primo aggettivo che veniva in mente guardando la sua espressione. In campo già dopo tre minuti, per l’infortunio a Vallesi, il pilone destro titolare. Ecco che in un uno dei ruoli dove un cambio a metà gara o poco oltre è (fisio)logico, Nicola Bolognini ha saputo praticamente da subito che quella croce doveva portarla fino all’80’.

Il fatto è che fin dalle prime inquadrature, nelle numerose pause di una partita giocata in condizioni di caldo asfissiante, Nicola sembrava sul punto di alzare bandiera bianca. Gli occhi tristi, il corpo a cercare aria, nello sguardo un’ombra di incredulità per la situazione che si trovava ad affrontare.

Nicola Bolognini, in azione contro i Baby Blacks al San Michele di Calvisano (foto di Stefano Delfrate).

Confesso che non sapevo niente del ventenne Bolognini. Ora so che ha tutto quello che serve a un numero 3, a partire dalla stazza (183 cm per 120 kg), dalla capacità di sacrificarsi e – spero che mi perdoni – da una precoce stempiatura. Nato a Rovigo, cresciuto nella scuola della Monti, svezzato nel Badia e ora pronto per tornare in rossoblù: tutte cose che aiutano.

A Calvisano era l’impersonificazione della fatica, a tratti della rassegnazione. Ogni mischia un supplizio, si sarebbe detto. E in effetti non si andava lontani dal vero. Ma il supplizio era quello a cui venivano sottoposti i suoi avversari diretti in maglia nera, prima Pole e poi Johnston. Per loro avvicendamento all’ora di gioco, per Nicola sempre e solo tanta sofferenza.  

A chiunque è capitato di ammirare, nel rugby e in altri sport, esempi di atleti che soprattutto con la forza mentale sono andati al di là dei propri limiti. E a chiunque è successo di essere chiamati a superarli, quei limiti, nella vita di tutti i giorni: qualche volta riuscendoci e qualche volta no. Per questo ieri sera, in quei 77 minuti di caldo infuocato, eravamo tutti con Nicola.

nella foto del titolo Nicola Bolognini, a sinistra, con Alessio Caiolo-Serra (foto Delfrate)

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