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Se due indizi fanno davvero una prova Viadana è colpevole di non saper vincere nel giorno della verità, dopo aver dominato in lungo e in largo per due anni il campionato la storia si ripete, perde la finale (27-21) dopo aver messo alle corde Rovigo per un tempo (21-10), perché un conto è vincere, un altro essere dei vincenti. Viadana ha dimostrato di non esserlo ancora.

A Parma si vive la festa del rugby italiano, sugli spalti c’è festa di colori e passione, la partita è il contorno alla giornata della resa dei conti, Viadana ci arriva dopo aver battuto e strabattutto in stagione regolare gli avversari di giornata, Rovigo con la consapevolezza di chi questi giorni senza un domani li conosce a menadito: finale numero 14 per i rossoblu, scudetto numero 15 per la città più ovale dello Stivale. La differenza è tutta nei numeri.

La seconda delle due mete di Matteo Moscardi (foto Delfrate)

Eppure nel primo tempo Rovigo appare imballata, sbaglia più del ragionevole in touche (alla fine 9 perse), mai ha il pallone e non riesce a far altro se non rifugiarsi nell’indisciplina. Eppure il risultato lo muovono proprio i rossoblu, senza palla e senza territorio sono sempre in affanno, ma al quarto d’ora con Viadana piantata nei 22 avversari e talmente convinta della propria superiorità da non piazzare tra i pali due comodi penalties, Ferrario sul filo del fuorigioco intercetta e scappa per il campo, il suo calcio che sa di speranza scoppia in mano a Brisighella e finisce dritto sotto braccio a Matteo Moscardi. Meta che sa di beffa, o forse solo di esperienza. Viadana accusa il colpo e sfoggia una mezzora di superiorità assoluta, sfrutta il doppio giallo (Fourcade impedisce una ripresa veloce del gioco da penalty e Frangini gioca da terra) e mette ritmo alle sue idee. Segna Wagenpfiel su uscita da una mischia a 5 metri, poi Roger Farias concretizza lo show di Locatelli che provoca sfracelli nella difesa di Rovigo, abbatte 5 avversari prima di offrire a Baronio la palla che premia la propria apertura. Infine è sempre Farias a illuminare il gioco, alza la testa e spara con il piede un gioiello per Sauze all’ala, gara di velocità dell’ala argentina e tuffo sulla bandierina. C’è solo Viadana in campo, Rovigo è in affanno, sbanda, sbaglia, sembra all’angolo.

La meta di Matias Sauze che aveva portato il Viadana sul 21-7 (foto Delfrate)

Eppure c’è il secondo tempo da giocare e Rovigo chiama alle armi l’esperienza della panchina: Ferro, Casado Sandri, Sironi e Swanepoel cambiano l’ordine dei fattori. E il risultato. Inizia un’altra partita, Rovigo è un’ondata continua, sembra avere il doppio delle energie degli avversari, avanza e non sbaglia più, conquista territorio e convinzione, gioca un punto d’incontro dietro l’altro sempre mandando in affanno la difesa giallonera, diventa anche disciplinata. Viadana sembra essere rimasta negli spogliatoi, l’aggressione la coglie di sorpresa, subisce e non reagisce, fino alla meta di Della Sala, inevitabile dopo una litania infinita di scontri vincenti in mezzo al campo. Ci si mettono pure il controllo per trauma cranico a Locatelli e il giallo a Morosini per un placcaggio alto su Belloni (testa contro testa) e quando anche Brisighella è costretto ad alzare bandiera bianca per infortunio si capisce che l’inerzia della giornata stia facendo un salto mortale indietro. Entra il veterano Madero all’apertura, Farias va a estremo e si perdono i sincronismi, Viadana non può far altro che provare a difendere, l’energia dall’altra parte è incontenibile. E così tutto sembra pronto per il sorpasso che arriva puntuale al 73′ griffato dalla meta bis di Matteo Moscardi (player of the match) e da un linguaggio del corpo dei ragazzi di Gilberto Pavan che non lascia scampo alle illusioni. Rovigo sa vincere e lo fa per la quindicesima volta nella sua gloriosa storia di città che vive di rugby. Viadana si ferma per la seconda volta di fila di fronte all’ultimo ostacolo. Che in mezzo alla festa degli altri diventa un mostro insuperabile.

la foto di titolo è di Stefano Delfrate

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