
I cartelloni lungo le vie pubblicizzano musicisti sconosciuti, ristoranti dal nome esotico propongono menu di a km 0, si divide la carreggiata con i trattori e, dietro una curva, ecco l’Hotel Versailles. Sembra di essere un film di Serie B ma quando, entrando in piazza, si apre la vista alla Reggia di Colorno e poi si visita l’Aranciaia, all’interno del Museo dei Paesaggi di terra e di fiume, si intuisce l’orgoglio, la tradizione e il tessuto social-industriale di questo triangolo a nord di Parma, fuori dai grandi giri ma sede di una squadra di Elite. Roba che a Milano, Genova, Torino – e possiamo andare avanti – se la sognano.

50 anni di Rugby Colorno è tutto qui: persone, amicizie, impegni presi, impegni mantenuti; non a caso a Paolo Vaccari, qui in qualità di vicepresidente vicario della Fir, ricorda la storia del suo club, del suo papà e dei suoi amici, il Calvisano, dopo aver sentito le parole del presidente Mario Padovani: “Colorno 50 è coesione, alti e bassi, lavoro e passione. Ma anche che siamo vecchi, perché le facce sono quelle di cinquant’anni fa”. Bellissime fotografie in biancorosso introducono le testimonianze di cosa è successo nel 1975 in paese: alcuni di Colorno giocavano a Parma, erano amici di Paolo Pavesi (poi nazionale), è una storia che nasce all’ombra di un campanile, grazie a una decina di ragazzi che non sapevano cosa fare. “È scoppiato qualcosa”, si cerca di interpretare. Il resto lo fa il prete che mette a disposizione degli spogliatoio, “in realtà delle piante di gelsi. Ma andava bene così”. Di padre in figlio il discorso continua con nomi, aneddoti, trasferte (perfino 15 giorni in Argentina), furti negli spogliatoi, insomma tutto quello che può succedere rubando a famiglia e tempo libero due sere a settimana (diventate tre) più la domenica.

C’è spazio per la femminile, presieduta da un colornese doc, Ivano Iemmi, già presidente del club nei primi anni Ottanta, poi responsabile del minirugby. Qualche anno fa ha creduto su una cosa che, parole sue, “non voleva fare nessuno”. “Non chi inizia ma chi persevera”, c’è scritto sull’Amerigo Vespucci: è il mantra di Iemmi che, grazie a una figlia, si interessa di un gruppo di “carbonare” che si allenavano in autonomia e cercavano di essere affiliate da qualche parte. “Si sono iscritte alla Coppa Italia a 7 e mi sono innamorato di quello che ho visto. La stessa volontà che avevo io negli anni Settanta, una volontà che non trovavo più nei maschi”.
Ora vengono da tutta Italia per giocare a Colorno e non solo perché non si paga la quota ma perché si è portato un allenatore di quarto livello ad allenare la femminile, perché si ha la stessa dotazione tecnica (maglie, tute, accessibilità) del XV maschile. “Abbiamo dato credibilità, perché 17 anni di femminile sono come 50 del Rugby Colorno”, spiega Iemmi. “Hanno avuto sempre coraggio da queste parti – è la chiosa di Antonella Gualandri, vicepresidente Fir – per la femminile o anche per la sostenibilità ambientale e sociale. Senza realtà del genere non avremmo avuto la Nazionale raggiungere i migliori risultati del rugby azzurro”.
Tanti auguri.
Nel prossimo numero della rivista AllRugby un servizio speciale di Paolo Ricci Bitti sui 50 anni del Rugby Colorno.
Nella foto di apertura una immagine di trenta anni fa, il Colorno della stagione 1994-1995