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Quando il denaro prende il potere, possono accadere strane cose. Ad esempio che chi ha tracciato la storia del rugby non sia interessato, per il futuro, anche quello lontano, ad impegnarsi in organizzazioni che prevedono molto lavoro e poco guadagno o perdite: proprio quel che è capitato a Francia 2023. Chi esce vincitore dalla Coppa del Mondo è World Rugby che incamera la gran parte dei diritti televisivi e dei proventi da sponsor.

Sudafrica e Nuova Zelanda, cinque successi nelle ultime cinque edizioni nel trofeo dedicato al reverendo William Webb Ellis, hanno fatto capire con una certa chiarezza di non essere minimamente interessate a impegnarsi. “Siamo un paese del Terzo Mondo, abbiamo altri problemi di cui occuparci”, ha confessato Mark Alexander, presidente di SA rugby.

Nella stessa trincea è l’Inghilterra, alle prese con lancinanti problemi di bilancio (ma con un Ceo da un milione di sterline l’anno…) e con minacciate sedizioni da parte del rugby di base. Non giocare test autunnali – o, tra breve, di Nations Cup – causa perdite che lasciano tracce irreversibili.
Attendendo quel che capiterà per Australia 2027 e per Usa 2031 (un’ennesima nuova frontiera e soprattutto il tentativo di aprire a un nuovo mercato in un mondo fortemente ancorato alle sue grandi leghe), le edizioni a disposizione sono quelle del 2035 e del 2039.
Ha alzato un ditino la Spagna e anche l’Italia potrebbe essere disposta a una candidatura prossima ventura. Ma più che brezze, sono refoli. Nei due paesi dove il calcio è sovrano e despota, è possibile sostituire per un mese abbondante la palla rotonda con quella ovale? In ogni caso, a livello di impianti, la Spagna è avanti almeno un anno luce. Sufficiente pensare al San Mames di Bilbao che ha già ospitato un’eurofinale. L’Italia, in questo campo, è ancora al palo.
Chi è informato sulle intenzioni del consiglio d’amministrazione che governa il rugby mondiale, sostiene che nel 2039 il Giappone possa festeggiare il ventesimo anniversario della prima Coppa mettendone in scena una seconda. Nel 2019 il sistema corporativo, che sostiene tutti gli sport di squadra, è uscito dall’impegno con una certa soddisfazione.
Quello che oggi è abituale etichettare come il “convitato di pietra” è il Qatar che, dopo essersi offerto come sede fissa della fase finale del Mondiale per club (altra novità finita nel carnet degli impegni), e avere ottenuto quella del 2030, punta al bersaglio grosso per il 2035. Ma è possibile una Coppa del Mondo a inizio autunno in una delle zone più calde della terra? Per soddisfare i desideri – e favorire gli interessi – degli emiri, il calcio ha proceduto disinvoltamente a un terremoto dei calendari. Perché il rugby dovrebbe comportarsi diversamente?
Il rugby si è trasformato in uno shaker che tutti usano per inventare nuovi stordenti cocktail. Il simbolo? La visita dei Lions a Las Vegas nel 2029, sulla via della Nuova Zelanda. The Sin City, la città del peccato, vuole i vecchi cavalieri. Un giro di slot e se escono tre palloncini ovali, è fatta.
Nella foto del titolo lo stadio di Lusail, sede della finale di Mondiali di Calcio del 2022. 
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