Un fine settimana tra il campo e le urne, per il rugby femminile italiano. Sabato a Piacenza c’è Italia-Giappone, di cui scrive Mario Diani, e domenica – con uno spostamento a Est di 150 chilometri – a Bologna si svolge l’assemblea elettiva della Fir.
In una campagna elettorale ormai agli sgoccioli – che si è sviluppata, com’è naturale, su più temi – si è parlato anche di rugby donne, e il blog Ladies Rugby Club ha preso una lodevole iniziativa: quella di sottoporre ai tre candidati presidenti (l’uscente Marzio Innocenti, gli sfidanti Andrea Duodo e Massimo Giovanelli) un questionario per capire quali sono i progetti, le risorse e le speranze per il prossimo quadriennio al femminile.
Il questionario, su concessione di Ladies Rugby Club, è ora a disposizione a questi link (Andrea Duodo, Massimo Giovanelli, Marzio Innocenti) anche degli appassionati che seguono il sito di Allrugby.
Un ulteriore passo è stato poi compiuto dalla lista Duodo, convocando gli “Stati generali del rugby femminile”, in altre parole una chiamata a raccolta virtuale delle società interessate all’argomento.
«Hanno partecipato 42 club – racconta l’ex azzurra ed ex consigliera federale Erika Morri -, da quelli più strutturati a quelli che fanno attività a livello juniores. In questa circostanza abbiamo avuto soprattutto un ruolo di ascolto, a volo di gabbiano sui vari aspetti. C’è stata soddisfazione per l’attenzione ricevuta, e sono stati sottolineati e ribaditi i problemi del settore: dai numeri insufficienti alla comunicazione, per arrivare alle distanze da coprire e alle spese relative, spesso sostenute tuttora con l’autofinanziamento delle giocatrici. Problemi sostanzialmente comuni dal Nord al Sud, ma particolarmente acuiti nel Meridione».
«Fondamentale – aggiunge Morri – è la questione reclutamento, e si può risolvere solo partendo dalle ragazzine. Un obiettivo potrebbe essere quello di avere un 40% di società con una squadra under 14 femminile. La Nazionale è sicuramente un fattore trainante fondamentale ma è altrettanto fondamentale allargare la base. Finora il movimento italiano è stato un caso da studiare, perché con numeri bassi le Azzurre hanno mantenuto un livello alto: questo è dovuto alle motivazioni fortissime delle ragazze che si avvicinano al rugby, ma non sempre potrà bastare. Bisogna progredire numericamente e migliorare lo standard tecnico degli allenatori dedicati. Dopodiché la crescita deve passare anche attraverso l’aumento delle donne con funzioni di dirigenti e arbitre».